I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo della somma di 650.000 euro a carico di tre persone e una società agricola di Pagani. Inoltre, i due indagati della provincia di Salerno sono stati sottoposti alla misura cautelare personale dell’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.
Le contestazioni
I reati contestati a vario titolo sono: intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, ricettazione e autoriciclaggio.
L’operazione è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore.
Secondo l’impianto accusatorio, un settantenne di San Valentino Torio, C.L., noto per i suoi precedenti giudiziari, avrebbe, in concorso con un prestanome incensurato di San Marzano sul Sarno, aperto una fittizia attività di compravendita di auto di lusso ed epoca. Lo scopo era commettere truffe contro concessionari esteri, in particolar modo in Olanda e Germania, e successivamente “ripulire” i proventi economici attraverso due imprese compiacenti.
Il modus operandi sarebbe stato sempre lo stesso, già utilizzato dall’uomo nella commissione di svariate truffe nel corso degli anni, per le quali si trova già a giudizio con i suoi complici, poiché già colpito da numerosi provvedimenti cautelari a seguito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica.
Preliminarmente C.L. e il suo complice costituivano un’azienda fantoccio registrandola alla Camera di commercio ed individuando come sede operativa un ufficio che affittavano presso strutture commerciali eleganti, comprensive di servizi di segretariato con personale dedicato (ignaro degli intenti illeciti della società), dando in tal modo una parvenza di affidabilità e serietà.
La presunta truffa
Iniziavano poi a ricercare potenziali clienti di società estere di compravendita di auto di lusso, ritenuti più facilmente raggirabili, attraverso l’invio di centinaia di mail verso vari stati dell’Unione Europea, allegando liste di veicoli di pregio a prezzi concorrenziali. Le vittime, attirate da ciò ed avuti i primi contatti, venivano invitate in Italia per visionare fisicamente le autovetture proposte.
A questo punto iniziava la seconda fase della truffa.
I malfattori, al fine di rendere quanto più credibile la messinscena, presentandosi presso grosse aziende private in possesso di veicoli d’elite, stipulavano dei contratti preliminari di compravendita con l’esborso di modeste caparre confirmatorie. In tal modo avevano copia della documentazione del veicolo e, carpendo al fiducia dei reali venditori che li reputavano intermediari di mercato, potevano mostrare di persona alle loro vittime le vetture presso i luoghi di custodia.
Con tali artifizi, i due truffatori convincevano i loro clienti stranieri della serietà dell’affare, riuscendo in tal modo a ricevere l’intero importo del prezzo pattuito o comunque un acconto, ben superiore alla caparra confirmatoria che avevano messo in conto di perdere.
La falsificazione dei contratti
A questo punto, C.L. e il suo complice avevano la necessità di “ripulirsi”. Falsificavano i contratti stipulati aumentando i prezzi pattuiti per replicare, in tal modo, alle doglianze dei clienti e giustificare la mancata consegna delle auto anche in sede civile.
Successivamente, le somme di denaro illecitamente acquisite nella commissione delle truffe venivano trasferite su molteplici conti correnti della medesima società concessionaria per poi essere bonificati verso i conti di aziende compiacenti, situate a Pagani e Boscoreale, anch’esse raggiunte dal provvedimento di sequestro preventivo, poiché le operazioni di trasferimento del denaro sono state valutate come operazioni di ricettazione.