Un incontro per mobilitare l’opinione pubblica contro la possibile chiusura del punto nascita di Sapri e di quello di Polla. È l’iniziativa promossa il prossimo 25 marzo presso l’ospedale dell’Immacolata da parte della Cgil.
Diverse le adesioni da parte di associazioni, movimenti civici e partiti.
Le adesioni
Tra queste Comunità Mediterranee: “Se è vero che il Decreto Balduzzi stabilisce la chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti all’anno, è altrettanto vero che quelli di Polla e Sapri hanno già ottenuto deroghe nel 2019 e nel 2023, dimostrando di poter garantire sicurezza e continuità assistenziale. Per questo motivo, Comunità Mediterranee invita il Governo nazionale, la Regione Campania e l’ASL Salerno a intervenire con determinazione in difesa del diritto alla salute, che non può essere sacrificato per ragioni politiche. La chiusura dei punti nascita avrebbe conseguenze gravissime sulle comunità locali, aumentando i rischi per le partorienti costrette a percorrere lunghe distanze per raggiungere altri ospedali. In un momento di grave calo demografico, in particolare nel Mezzogiorno e nelle aree interne, ridurre i servizi essenziali significa alimentare ulteriormente lo spopolamento e l’impoverimento del territorio”.
“Riteniamo inaccettabile la richiesta del governo Meloni di chiudere i punti nascita di Polla e Sapri, un’ulteriore imposizione che rappresenta un grave attacco alla sanità delle aree interne della provincia di Salerno. Il PSI del Golfo di Policastro chiede lo sblocco delle risorse e del turnover del personale, senza che questo venga subordinato alla chiusura dei punti nascita in deroga, come richiesto in queste ore dal Ministero della Salute”, dice invece Gianfrancesco Caputo, Coordinatore Partito Socialista Italiano Golfo di Policastro.
“La chiusura dei punti nascita – conclude – penalizzerebbe gravemente le comunità locali, aumentando i rischi per le partorienti costrette a percorrere lunghe distanze per raggiungere altri ospedali. In un momento di grave calo demografico, in particolare nel Mezzogiorno e nelle aree interne, ridurre i servizi essenziali significa alimentare lo spopolamento e l’impoverimento del territorio”.