Tra i 191 migranti arrivati a Salerno a bordo della Geo Barents c’era anche un cittadino tunisino di 31 anni, arrestato poco dopo lo sbarco dagli agenti di polizia e guardia di finanza poiché già destinatario di decreto di esplusione emesso due anni fa dal prefetto di Trapani, eseguito con rimpatrio nel Paese d’origine.
Nella serata del 26 agosto, l’uomo è stato notato da un’imbarcazione nelle acque della vicina Cetara e, poi, prelevato da una motovedetta della guardia costiera per essere consegnato alla polizia e identificato.
Il cittadino tunisino
Il giovane, H.I. le sue iniziali, è accusato di aver violato il divieto d’ingresso in Italia, reintroducendosi in maniera irregolare in Italia.
Il cittadino tunisino è stato riconosciuto dal personale di Medici senza Frontiere in servizio sulla nave della Ong come uno dei soggetti presenti sulla Geo Barents fino alle ore immediatamente precedenti allo sbarco: è stato trovato in possesso di una borsa contenente abiti, contanti, carte di credito, telefono cellulare e altri effetti personali, tutti custoditi in sacchetti di plastica per evitare che venissero danneggiati dall’acqua di mare. Il tutto è stato sequestrato per i successivi approfondimenti investigativi.
Intanto, dopo il provvedimento di fermo amministrativo di 60 giorni e una sanzione di tremila euro nei confronti della Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, per presunte violazioni delle norme di sicurezza marittima, arriva la replica di MSF che respinge le accuse che hanno portato allo stop forzato annunciando che questa “detenzione illegittima” sarà contestata seguendo le opportune vie legali.
Il provvedimento di fermo è stato emesso a seguito di diverse operazioni di salvataggio avvenute nelle prime ore del mattino del 23 agosto nel Mediterraneo centrale, in cui la Geo Barents “non avrebbe fornito informazioni tempestive al Centro di Coordinamento del soccorso marittimo italiano (Mrcc) e avrebbe messo in pericolo la vita delle persone“, come scritto nella nota a firma MSF che respinge queste accuse, che si basano su informazioni fornite dalla Guardia costiera libica.
Nel dettaglio, il 23 agosto il team di MSF a bordo della Geo Barents ha condotto 5 operazioni di salvataggio. MSF è accusata di non aver fornito informazioni tempestive per la terza operazione, avvenuta dopo che il team dell’organizzazione ha visto un numero significativo di persone finire in acqua nelle vicinanze della nave. “Era nel cuore della notte; abbiamo visto persone che saltavano da una barca in vetroresina, che cadevano o venivano spinte in acqua. Il team dei soccorritori non aveva altra scelta se non quella di tirare fuori dall’acqua le persone il più velocemente possibile” afferma Riccardo Gatti, responsabile del team di ricerca e soccorso a bordo della Geo Barents. “C’era un pericolo imminente che le persone annegassero o si perdessero nel buio della notte”.
Per Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e il soccorso in mare: “Siamo stati sanzionati per aver semplicemente adempiuto al nostro dovere legale di salvare vite umane”.
E’ il terzo blocco per la Geo Barents, uno stop forzato che sarà più lungo rispetto ai precedenti provvedimento, ma anche la ventitreesima volta che una nave di soccorso umanitario viene fermata per via del “Decreto Piantedosi”.
Le dichiarazioni
“Questa è l’ennesima dimostrazione di quanto il decreto Piantedosi non solo contravvenga alle leggi internazionali ed europee, ma sia anche in contrasto con l’obbligo di agire in situazioni di necessità quando ci sono in pericolo vite umane – aggiunge Gil di MSF – le autorità ci costringono a scegliere tra il salvataggio delle persone in mare e la prosecuzione delle attività. Ma la salvaguardia della vita umana è al centro della missione di MSF; contesteremo, quindi, questa detenzione illegittima seguendo le opportune vie legali”.