Il presidente dell’associazione Aree Interne del Cilento, nonché vicesindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio, da sempre in prima linea per la difesa della sanità, ha tracciato un’analisi dettagliata sui motivi della forte carenza di medici ed infermieri di cui soffrono gli ospedali delle aree interne del Sud Italia e dell’intera nazione.
Di recente mi hanno chiesto cosa pensassi del servizio, mandato in onda da La7, sulla situazione del Pronto Soccorso dell’ospedale “Ruggi di Salerno”. Penso che il dramma Italiano è che i nostri parlamentari non vengono eletti dal popolo, ma vengono nominati dai vari segretari di partito a livello nazionale che sono i veri responsabili del disastro sanitario in atto a livello nazionale e in Campania.
Gli stessi parlamentari, intervengono per mettersi in mostra solo dopo il verificarsi di eventi negativi, come quello che ha riguardato il Pronto Soccorso del “Ruggi” di Salerno, come se quello del Ruggi fosse l’unico caso in Italia.
In realtà basta andare sui più noti social network e digitare “pazienti per terra nei Pronto Soccorso” per poter leggere che in ospedali come il Galliera di Genova, il Sant’Andrea di Roma, negli ospedali di Rivoli e Ivrea nel torinese e in tanti altri ospedali d’Italia molti pazienti vengono curati, purtroppo, per terra, per carenza di posti letto .
Per rispondere ancora alla domanda sul Ruggi di Salerno, di certo è una situazione grave e non auguro a nessun paziente di doversi ritrovare in una situazione simile; ciò è dovuto all’enorme insufficienza di personale medico ed infermieristico, alla carenza di posti letto nei reparti che determina la permanenza dei pazienti anche per giorni nel Pronto Soccorso, all’invecchiamento della popolazione che richiede maggiori cure, ma soprattutto all’assenza della Medicina territoriale e al depotenziamento di tutti gli ospedali periferici per carenza di personale, che prima facevano da filtro al Ruggi.
Come dicevo, questi signori, non intervengono mai per programmare ed evitare che si verifichino simili eventi, ma solo per criticare e cercare di mettere in cattiva luce l’avversario politico di turno, che in quel momento è al potere.
Avevamo la migliore sanità al mondo grazie alla democristiana Tina Anselmi, primo ministro donna che, nel 1978, portò a compimento la legge sul Sistema Sanitario Nazionale. Fu una grande conquista sociale e per la prima volta si assicurò a tutti i cittadini il diritto di essere curati.
Purtroppo oggi non è più così e i guai sono iniziati con l’approvazione della Legge 264/1999, con la quale il Parlamento Italiano istituì il numero chiuso per l’accesso alle facoltà di Medicina e per l’accesso alle specializzazioni mediche, che di fatto ad oggi ha determinato per la sanità nazionale uno sfascio totale.
Purtroppo, dal 1999, nessun partito e/o parlamentare, né i Ministeri preposti, si è reso minimamente conto che il numero di medici che andava in pensione era di gran lunga superiore a quello dei medici che venivano formati dalle varie università, in grado di entrare nel SSN.
I famosi “test di accesso” per tali facoltà, poi, il più delle volte, non hanno niente a che vedere con le materie sanitarie e i costi di migliaia di euro per la preparazione solo poche famiglie ieri, e ancor di più oggi, possono permetterseli, quindi poche famiglie possono permettersi di far preparare adeguatamente i propri figli ai fantomatici quiz di accesso a Medicina. E’ un giro di affari di milioni di euro, è una vera disuguaglianza sociale!
Ancora oggi si costringono annualmente oltre 1.200 giovani medici ad andare all’estero per specializzarsi. Si tratta di medici che, anche per le retribuzioni migliori, non rientrano più a lavorare in Italia.
Basti pensare che la Regione Calabria è stata costretta a reclutare già 171 medici cubani per ovviare alla grave situazione ospedaliera.
Attualmente in Italia mancano 30 mila medici e circa 100 mila infermieri.
A questo va aggiunto l’ennesimo disastro attuato dal Governo con la “QUOTA 100”: migliaia di medici, infermieri ed operatori sanitari vari sono stati mandati in pensione prematuramente e, di fatto, hanno ulteriormente svuotato gli ospedali; una misura sfociata nel bisogno di dover poi chiedere agli stessi medici di rientrare in servizio con un pagamento a “gettoni” che vale a dire circa 1.200 euro per ogni turno di 12 ore.
Inoltre, con il recente “Decreto Milleproroghe”, per colmare le gravi carenze strutturali si è deciso di far rimanere in servizio i medici convenzionati fino al compimento dei 72 anni di età.
Oggi negli ospedali, in assenza di medici con la giusta esperienza acquisita negli anni, troviamo in servizio medici sin dal 2°anno di specializzazione, senza alcuna esperienza.
Attualmente, dunque, non si trova un medico disponibile a lavorare nella sanità pubblica, molti si licenziano per andare a lavorare nel privato a percentuale o, all’estero dove la retribuzione è molto più alta.
La Campania attualmente dispone di soli 10,9 dipendenti nella Sanità Pubblica, per ogni 1.000 abitanti ed è all’ultimo posto della graduatoria nazionale che riguarda tali dipendenti. E’ una vergogna se si pensa ai 15 dipendenti ogni 1.000 abitanti della Lombardia e del Veneto o ai 18,2 dell’Emilia Romagna, vale a dire addirittura il doppio della Campania.
Tutto questo mentre mentre si assiste impotenti alla mancata partecipazione dei giovani medici alle borse di specializzazione in Medicina d’Urgenza, Chirurgia, Anestesia e Rianimazione che vanno deserte per oltre il 50% dai neolaureati.
Di fronte a questa latitanza del Parlamento Italiano, il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, l’8 settembre 2023, si è fatto promotore di una proposta di legge, votata favorevolmente da tutti i consiglieri regionali sia di destra che di sinistra, con la speranza che il parlamento la faccia propria, una proposta finalizzata ad abrogare il numero chiuso per l’accesso alla Facoltà di Medicine e alle Specializzazioni Mediche e/o altre iniziative, una proposta utile a porre rimedio al grave disastro in atto.
Ma a tutt’oggi non si riscontra ancora nessun provvedimento da parte del Parlamento.
Nel 2005, il Governo, approvò il blocco del turnover nella sanità e fu previsto anche che il livello massimo di spesa per il personale sanitario doveva parametrarsi a quello dell’anno 2004 diminuito del 1,4 per cento.
Nel 2009, in Campania, a seguito di un indebitamento di circa 9 miliardi di euro, fu commissariata la gestione della Sanità.
Il blocco del turnover ha comportato che, dal 2005, in Campania sono andati via, a vario titolo, oltre 20.000 dipendenti tra medici, infermieri, tecnici ed operatori vari e questo senza possibilità di poter effettuare alcuna sostituzione.
Il paradosso è che, nonostante siamo in piena emergenza, ancora oggi tale norma, anche se lievemente modificata, è in vigore.
Una situazione insostenibile creata, avallata e mantenuta da tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni.
Il tetto di spesa per il personale non è stato mai rispettato dalle regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, regioni ricche, che hanno coperto la differenza con risorse proprie derivanti dai viaggi della speranza verso il Nord da parte degli ammalati del Sud.
ATTUALMENTE LA CAMPANIA HA UN INDICE DI POSTI LETTO OSPEDALIERI PER ABITANTI CHE E’ IL PIU’ BASSO D’ITALIA.
Con il Decreto Ministeriale n.70 del 2 aprile 2015, fu stabilito che ogni Regione poteva avere 3,7 posti letto x 1.000 abitanti. La Regione Campania, con una popolazione residente alla data dell’1/01/2015 di 5.861.529 abitanti x 3,7 : 1.000, avrebbe dovuto avere 21.688 posti letto.
Solo che, detto decreto 70, tra le righe, riporta: “il numero di posti letto per ogni 1.000 abitanti è incrementato o decrementato a secondo della popolazione pesata e corretta per mobilità” (art.1, comma 3, lett b).
SULLA BASE DI QUESTA ENNESIMA VERGOGNOSA ALCHIMIA NORDISTA, POPOLAZIONE PESATA (GIOVANE) E MOBILITA’ PASSIVA (ricoveri fuori regione) I POSTI LETTO SONO STATI RIDOTTI A 19.841 (3,6), Al POSTO di 21.688, CON UNA PERDITA SECCA DI 1.847 posti letto.
I PL ATTIVI IN REGIONE nel 2015, RISULTANO sulla carta 18.204, ( 3,26 x 1000 ab.), anche se è possibile attivare 1.637 nuovi pl.
AD OGGI, come riportato da “QUOTIDIANOSANITA’.IT” nel dicembre 2023, i posti letto in Campania sono 16.605.
Quindi, mentre la Campania con 5.861.529 abitanti, dispone di solo 16.605 p.l., la Lombardia con 10milioni di abitanti dispone di 37.666 pl.
A conti fatti la Campania ha circa 5.000 p.l. in meno.
In merito poi alla gravissima situazione riguardante la migrazione passiva, i cosiddetti “viaggi della speranza” degli ammalati della Campania verso il Nord rappresentano un’ulteriore problema.
I numeri dicono che nel 2020 ci sono stati circa 63mila ricoveri fuori Regione, ciò ha comportato (Gimbe) un saldo negativo di 484milioni e un saldo positivo in entrata di 131milioni, con un saldo negativo complessivo a carico della Regione Campania di circa 353milioni all’anno.
Alla luce di quanto evidenziato appare chiaro che la Campania, viste le leggi vigenti, non potrà mai mettersi alla pari con le regioni del Nord. In questo modo la popolazione della nostra regione e quella del Sud, sarà costretta sempre di più alla mobilità e ai cosiddetti “viaggi della speranza”, tanto cari alle regioni del Nord, che sono, in effetti, un ulteriore meccanismo perverso che contribuisce all’arricchimento di dette regioni e crea al tempo stesso enormi debiti alle regioni del Sud senza considerare le forti spese di viaggio e soggiorno delle famiglie che accompagnano l’ammalato.
Nel 2022, il saldo negativo delle strutture sanitarie in Campania ha subito un consistente ridimensionamento, a seguito dell’ aumentata capacità attrattiva sull’alta complessità dei ricoveri e degli interventi.
A tutto questo, si aggiunge il ridotto trasferimento dei fondi da parte del Sistema Sanitario Nazionale alla nostra regione: da moltissimi anni il trasferimento pro-capite corrisposto è inferiore a quello di altre regioni per il semplice fatto che la Campania ha una popolazione media giovane.
Lo Stato, per il 2020, ha corrisposto alla Campania una quota pro capite per ogni cittadino di 1.837 euro, alla Liguria, invece, sono stati corrisposti 2.023 euro pro capite perché, quest’ultima regione, ha una percentuale media di età degli abitanti superiore a quella della Campania.
Facendo la media nazionale, la Campania da circa 20 anni, viene derubata annualmente dalle Regioni del Nord di circa 250 milioni.
Il motivo è riconducibile al fatto che si continua ad applicare solo il criterio dell’età anagrafica della popolazione, come se i giovani avessero meno bisogno di sanità, mentre si continua a non applicare la deprivazione sociale (povertà) e l’aspettativa di vita.
Allo stato attuale, la Campania è la Regione d’Italia, con la più bassa aspettativa di vita. Infatti, in Campania si muore oltre tre anni prima in confronto ai nati del Nord, in particolare a causa delle mancate diagnosi tumorali precoci.
La famosa giornalista lombarda Milena Gabanella, ha dichiarato: “ll Nord ha certamente l’interesse di attrarre i pazienti dal Sud, sia per gli ospedali pubblici che per le strutture private. Quindi certamente non ha interesse a spingere affinché la sanità al Sud migliori”.
Negli ultimi dieci anni la Sanità risulta definanziata per 37miliardi ciò ha determinato la chiusura di 173 ospedali con un taglio marcato per quelli pubblici al Sud e una riduzione di circa 45.000 posti letto.
Dove ci sono più risorse, cioè maggiori capacità fiscali, i servizi sono sempre migliori, con l’Autonomia differenziata e in assenza della preventiva definizione dei LEP e dell’indispensabile finanziamento, si rischia che la Campania e le Regioni del Sud saranno ulteriormente penalizzate e subiranno altri tagli di ospedali, posti letto e di personale aumentando, in questo modo, il divario tra ricchi e poveri.
Ultima ciliegina, in ordine di tempo, è il cosiddetto: “Premio di disagio frontiera”:
Nella finanziaria 2024, a seguito di un emendamento della Lega, è stato previsto un fondo di sostegno di 100milioni di euro destinato al personale medico e infermieristico in servizio presso le strutture del SSN riguardante le province di Varese, Lecco, Como e Sondrio. Per ogni operatore è stata prevista l’erogazione di un contributo in busta paga che va dai 700 ai 1.000 euro in più al mese, tale scelta è stata giustificata con la volontà di evitare la fuga dei dipendenti sanitari, come medici e infermieri, verso le strutture svizzere che garantiscono stipendi decisamente più vantaggiosi e anche organizzazioni lavorative meno stressanti.
E’ l’ennesima disuguaglianza e ci ritroviamo ad assistere, ancora una volta, al disinteresse e al silenzio compiacente da parte di tutti i partiti e dei parlamentari designati a rappresentare il Sud. Un disinteresse che contribuisce a penalizzare i medici e gli infermieri che lavorano nel profondo Sud e nelle Aree Interne, a favore di quelli del Nord.
Il silenzio tombale dei parlamentari e di tutti i partiti continua a far sì che il nostro Mezzogiorno venga continuamente depredato dal Nord.
Girolamo Auricchio