Clamorosa svolta nel panorama della camorra casalese: Francesco Schiavone, meglio conosciuto come Sandokan, storico capo del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia. La notizia, riportata in anteprima dal quotidiano “Cronache di Caserta”, è stata confermata dalla Direzione nazionale Antimafia.
Un pentimento inaspettato
La decisione di Schiavone, soprannominato “Sandokan” per la sua ferocia, rappresenta un evento di grande portata. Considerato uno degli ultimi irriducibili della camorra, il boss era detenuto al regime del 41 bis dal luglio del 1998, anno del suo arresto. 26 anni di prigione, di cui la maggior parte in regime di carcere duro, non sono bastati a piegarlo fino ad ora. Cosa ha spinto Sandokan a pentirsi? Le prime ipotesi parlano di un percorso di riflessione personale, maturata negli ultimi mesi.
Un duro colpo al clan dei Casalesi
La collaborazione di Sandokan con la giustizia rappresenta un colpo durissimo per il clan dei Casalesi. Il boss, infatti, era considerato il custode di segreti importantissimi sulle attività del clan, dai traffici di droga alle estorsioni, fino agli omicidi. Le sue rivelazioni potrebbero portare a nuovi arresti eclatanti e contribuire a disarticolare definitivamente l’organizzazione criminale.
Non è il primo caso in famiglia
La scelta di Sandokan di collaborare con la giustizia segue quella dei suoi due figli, Nicola e Walter, che già alcuni anni fa avevano intrapreso lo stesso percorso. Un precedente che potrebbe aver influenzato la decisione del padre.
Le prime reazioni
La notizia del pentimento di Sandokan ha avuto un’ampia eco mediatica. Le prime reazioni sono di soddisfazione da parte delle istituzioni e degli inquirenti, che vedono in questa collaborazione un’importante opportunità per contrastare la camorra.