La Salernitana ormai è in bilico, più in cadetteria che nel massimo campionato. Ma non voglio parlare di progetti futuri (non nel dettaglio almeno) né di cosa sarà di questo club prima che la matematica e i freddi numeri non diventino una condanna, perché ogni tifoso granata conserva sempre nel cuore la convinzione che l’Arechi resta quel teatro in cui l’impossibile trova il modo di realizzarsi.
Oggi voglio parlare della delusione che sta avvolgendo una città, come una nebbia sottile. Non si tratta del semplice sconforto di chi sta per abbandonare la serie A per la serie B, non è la seconda serie a far paura. Non potrebbe, in quanto la Salernitana ha militato in A solo per 5 stagioni nella sua Storia centenaria, la A è il sogno, non è la pretesa. Inoltre, nel recente passato ci sono stati abissi in cui si è abbandonato persino il professionismo.
Al di là delle colpe che i tifosi vanno a imputare ai calciatori, i quali hanno esibito varie prestazioni sottotono unite a comportamenti poco professionali come il recente caso Dia; la vera sensazione di scoramento deriva dalla perdita constante di tranquillità, dall’impossibilità per la Salernitana di trovare una propria dimensione, una tranquillità. Portare il Cavalluccio sulla maglia significa essere un paria, dal 1919 nati per soffrire, pe ‘iettà ù sang” come ha scritto un tifosissimo sui social: vivere una storia fatta di continui rivolgimenti, di promozioni fallite all’ultimo secondo, ma anche di insperate salvezze e campionati di calcio spettacolo. Forse è questo che non si perdona a Iervolino, ossia l’aver dato in agosto la speranza di poter vivere una stagione a metà classifica, la promessa di una salvezza tranquilla. Il tifoso granata si chiede in questo momento, anzi ogni volta, come mai le congiunture negative si abbatta sempre alla sua squadra. “Serenità” e “Salernitana” sono due parole che nella stessa frase suonano come un ossimoro, dal 1919.
Per citare uno dei tantissimo episodi sfortunosi che si sono abbattutti sulla Bersagliera, nel 43 i Granata (che allora vestivano di bianco-celeste) ottennero la promozione in A, ma il campionato fu interrotto a causa della guerra e pochi giorni dopo Salerno subì un rovinoso bombardamento.
Questo episodio solo per far capire che i tidmfosi granata non si sentono avviluppati in un vittimismo cosmico ma che effettivamente lanstoria granta è un puzzle costituito da tanti eventi che giustificano un certo pessimismo tutto salernitana.
Allora è opportuno avvisare i nuovi piccoli tifosi: chi abbraccia questa causa si assume l’onere di questa storia di continue gioie e delusioni, di certo però si rimarrà sempre immuni dalla banalità.
E per ripartire? Beh meglio costruire su qualcosa che sia lontano dalla fredda razionalità, che mal si coniuga con l’essenza di una squadra che è salita in A contro tutto e tutti, meglio edificare sulla passione e sull’appartenza indissolubile concetti che sono di casa a Salerno.