Oggi ci lasciava Gioacchino Murat, Re di Napoli: il curioso legame con Agropoli

Moriva oggi Gioacchino Murat Re di Napoli. Era particolarmente legato al Cilento e in particolare uno strano destino lo lega ad Agropoli

Di Angela Bonora

Il 13 ottobre 1815, moriva Gioacchino Murat, re di Napoli. Successe a Giuseppe Bonaparte dopo l’occupazione militare del Regno. Personaggio dalla personalità carismatica, Murat fu particolarmente amato dai napoletani e con lui il regno assunse un carattere più nazionale.

Gioacchino Murat e il suo legame con il Cilento

Il Re Gioacchino Murat apprezzò il territorio cilentano tanto da pronunciare, in prossimità del Belvedere di Castellabate, la celebre frase: “Qui non si muore”, iscritta in una targa presente e omaggiata nella pellicola cinematografica “Benvenuti al Sud” diretto da Luca Miniero (2010).

Sul destino di Gioacchino Murat, secondo i racconti, avrebbe influito anche un episodio accaduto ad Agropoli, nel 1808, quando la guarnigione francese del capitano Remy, arrivò in paese insediandosi nel Castello.

Lo strano destino che lo legò ad Agropoli

I francesi si apprestavano ad organizzare al meglio le postazioni del castello, rimettendo in funzione due cannoni abbandonati, rinvenuti presso il Palazzo del Governatore.

Tali cannoni vennero presto utilizzati. I francesi, infatti, notarono al largo di Agropoli una nave da guerra britannica che inseguiva una chiatta carica di armi e munizioni diretta in Calabria. Quindi spararono con l’artiglieria ritrovata contro gli inglesi, ignari dell’esistenza della guarnigione.

La loro ritirata, stando alla tradizione, permise il salvataggio della chiatta e del suo comandante, il pirata maltese Barabas. Quest’ultimo sarà fatale per il destino di Gioacchino Murat.

Il Congresso di Vienna, che aprì l’età della Restaurazione, portò alla restituzione ai Borboni del regno di Napoli. Murat non si diede per vinto, tentò di riconquistare il trono. Nel 1815 partì dalla Corsica alla volta della Campania con sei barche a vela e duecentocinquanta uomini, con l’obiettivo di far leva sul malessere della gente.

Ma una tempesta disperse la piccola flotta: la sua barca, insieme ad un’altra superstite, approdò l’8 ottobre a Pizzo Calabro. Secondo la tradizione la notizia della sua comparsa in paese giunse all’orecchio del capitano borbonico Trentacapilli che riuscì a raggiungerlo.

Gioacchino e i suoi si gettarono per balzi e dirupi verso il mare nella speranza di raggiungere i canotti e con essi l’imbarcazione che era rimasta a largo. Ma la nave, comandata da Barabas era già scomparsa a largo.

Murat fu fatto prigioniero. Dopo aver scritto un’ultima lettera d’addio alla moglie Carolina e ai figli, ordinò egli stesso al plotone di sparare, chiedendo soltanto che gli fosse risparmiato il viso.

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