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Tenuta Calerchia e la scoperta del Primitivo nel Cilento

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Si dice che tempo fa, circa nel XII secolo dove oggi si erge la frazione “Lago” nella zona di Castellabate vi era una palude formatasi a causa del continuo straripamento del fiume “laris” che attraversava completamente il promontorio. Proprio in quel periodo fu bonificato dai monaci benedettini della badia di cava, e oggi la conosciamo come una zona caratterizzata da strutture di balneazione.

Zona lago non offre solo questo, bensì è contraddistinta da una serie di realtà vitivinicole a conduzione “artigianale” dove è possibile acquistare del vino “ contadino”. Tra queste realtà è possibile visitare la Tenuta Calerchia, dove dal 1903 viene condotta all’insegna di una produzione vitivinicola che possa rispettare il territorio.

Negli ultimi anni l’azienda ha subito un processo di “metamorfosi” , e tutt’oggi è in pieno processo di studio enologico per offrire prodotti di maggiore qualità. Come ogni altra azienda vinicola Cilentana la produzione è improntata soprattutto sui due vitigni “paterni” del nostro territorio: il fiano e l’aglianico, anche se vendemmiano trebbiano, malvasia, barbera e piedirosso per rispettare la produzione del classico taglio del Cilento nella disciplinare DOP. La nuova fase “sperimentale” dell’azienda prevede anche un cambiamento delle etichette che, su uno sfondo legato all’enoturismo, vuole riproporre un “simbolo” che possa legare il vino al territorio Cilentano, ed è proprio su questo filone di pensiero che voglio parlare dell'altro vino prodotto dall'azienda Calerchia, ossia il Primitivo dei Trezeni; con grande sincerità affermo che è la prima volta in cui ho sentito ed assaggiato un primitivo prodotto in purezza nel Cilento. Già altri produttori avevano impiantato il primitivo per utilizzarlo come "taglio" con l’aglianico, ma non avevo mai avuto il piacere di provare una produzione che coinvolgesse questo splendido vitigno al 100%. La notizia più interessante è che l'idea di produrre questo vino nasce da uno studio e ritrovamento all'interno dei vigneti dell'azienda dove hanno restaurato un vitigno e affidato lo studio ampelografico ad alcuni studiosi dell'università di Napoli. Come mi spiegava il produttore, ancora non sono riusciti a trovare una scheda di comparazione per il riconoscimento di questo vigneto "autoctono", ma secondo il parere di molti potrebbe trattarsi con molta probabilità di un primitivo o di un “parente genetico” molto stretto. Questa notizia potrebbe essere confermata poiché sono a conoscenza di molti produttori a “conduzione artigianale" sparsi nelle colline cilentane che sostengono di produrre come vino " u primitiv'", ed in molte occasioni ho potuto trovare delle tracce organolettiche riconducibili proprio al vitigno primitivo: vini molto grassi, molto colorati, con poco tannino ma una ottima carica glicemica.

La mia è naturalmente una supposizione personale, basandomi su alcune fonti non confermate successivamente da uno studio approfondito; ma come la storia c'insegna, dietro ogni mito o fonti spurie c'è sempre una piccola porzione di verità. Ebbene Tenuta Calerchia pare aver avuto molta più fiducia rispetto a noi scettici e ha deciso di produrre da un paio di anni un Primitivo in purezza, con un titolo alcolometrico di ben 14%, affinandolo per circa 12 mesi in barrique. Il Primitivo dei Trezeni 2012 rappresenta il terzo anno di vendemmia, e direi che nonostante il poco tempo trascorso per studiarne l'evoluzione il vino si presenta davvero carico di potenzialità. Il colore è uno splendido rosso rubino molto cupo, dove non lascia passare un minimo filo di luce, denso, ricordando sensazioni visive simile all'inchiostro; tutto questo è dovuto ad un'estrazione dei polifenoli ricca, fenomeno sia del buon lavoro in vigna ma anche della genuità del vitigno. Olfattivamente veniamo invasi da una profonda nota di fragola, molto eterizzata, e le note erbacee preannunciano un vino abbastanza grasso.Ricco di carica glicemica nel palato il vino è caldo ma soprattutto molto morbido, con una spalla di polialcoli molto elevata, coprendo il tannino che nei primitivi è sempre in quantità abbastanza ridotta. Il retrogusto non è molto lungo ma lascia una palato abbastanza piacevole. Qui ci troviamo in una tipologia di vino che potrebbe essere associato agli Amaroni della Valpolicella, vini che raggiungono quasi la soglia di "prodotti liquorosi" come sensazioni organolettiche sviluppate. L'abbinabilità di questo vino risulta essere un poco difficile, come del resto tutti quei vini che hanno un forte carattere e personalità. Io consiglierei il classico abbinamento dei vini “surmaturi” o anche passiti, ossia formaggi molto invecchiati dove l'amarezza e la sapidità dominano il palato. Se avessimo l'occasione di trovare qualche erborinato, la nota amara cercherebbe di portare in equilibrio il palato dopo aver assaggiato questo vino "nettaroso" . Vorrei chiudere questa escursione enologica con un pensiero molto personale; il Cilento sta dimostrando di essere una terra con una fertilità vitivinicola impressionante, ma soprattutto giorno dopo giorno è meraviglioso vedere come le persone sono più interessate a queste tematiche, e come emerge la voglia di crescere insieme al territorio.

Il vino protagonista di questo articolo potrebbe presentare alcuni difetti per il palato di qualche " intenditore professionista ", ma la trama è estremamente ricca, il vitigno è genuino e potenzialmente espressivo, e se pur non rientra nella omologazione del gusto non importa; sono molto più interessato invece alle "individualità vinicole", piuttosto che saggiare un prodotto destinato alla grande distribuzione, uguale negli anni, perfetto nelle sue caratteristiche ma che non trasmette emozioni e ricordi. Mi si perdoni l'asprezza, ma questa affermazione vale per tutti quei vini che negli anni si sono omologati ad un gusto di mercato, indubbiamente perfetti ma probabilmente "freddi" come la mano digitalizzata di un robot capace di eseguire perfettamente una sonata per pianoforte di Beethoven.

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