Nellarchivio segreto del borgo antico il nostro anonimo concittadino di inizio 1900, cultore della storia locale, custodiva numerosi libri e tra questi Ernesto Apicella ha ritrovato un racconto ,scritto nel 1911, e pubblicato nel 1926 da Nicola Forenza,maestro della scuola elementare di Agropoli, dal titolo: La leggenda di S. Francesco in Agropoli. Nel racconto, di prossima pubblicazione,il professore in una sua visita pasquale descrive il convento , la vita che lo animava e il passaggio di S. Francesco per Agropoli.
- Ehi Eccelenza - scuotè una voce umana. -
- Oh, buon giorno, buon uomo! -
Era un vecchietto basso, curvo, dalle gambe quasi a roncolo, gentile e festoso nei modi e nelle parole; si faceva avanti col cappello in mano e a capo scoperto, avendo tralasciato di lavorare per far onore all’insolito visitatore.
- Copritevi, copritevi-soggiunsi– Voi state in casa vostra.-
- Come mai da queste parti? -
- Per dare un’occhiata a quest’antico monastero. -
- Ah! Peccato, peccato!... E’ un pecorile, un porcile, adesso….. Favorisca, Eccellenza!... - E per un anditino oscuro e nero m’introdusse in una stanza imbianchita, la cui masserizia constava di un letto maritale, un cassone, una tavola e poche sedie bianchicce e piuttosto comode. Appiccicata al muro grandeggiava una figura di San Francesco, tutto assorto nella contemplazione del Crocifisso.
- Signorino mio, questa è la nostra abitazione: io e mia moglie. Adesso è fuori che zappetta il grano e bada alla capruccia: la mattina e la sera si spiccica un po’ di latte, e si busca per mangiare. Se non si vende, via, si fa cacio. Guardi!... -
E con la mano destra accennava in alto. Dal soffitto pendeva, sostenuta da funi, un’ asserella, sulla quale, in fila, spiccavano bianche caciòle, l’una all’altra addossate.
- Stamattina se n’è fatto un po’! - continuò lui. E corse premuroso al cassone, donde estrasse un caciolino fresco, bianchissimo, ancora gocciolante, e me lo portò fin sotto il muso.
- Prenda! E’ buonissimo e pulito. L’ho fatto io, che quando mi ci metto, vado prima a lavarmi le mani, col sapone, sa .-
- Grazie!-
-Ma veda… C’è altro ancora… Eccellenza! -
- E ancora di là cavò fuori una bottiglia di vino e un pezzo di pane nero.
- Roba vostra! - mormorò, compreso di gioia, posando tutto sulla tavola, e accostandovi amorosamente una sedia.
- Grazie, grazie tante, buon vecchio. -
- Ma senza scrupoli!... noi siam povera gente, e offriamo alle Signore Eccellenze quanto c’è in casa. Via mettete in cammino i denti. -
- Grazie! A quest’ora nò. Lo stomaco non porta. Grazie. -
- Con tutto il cuore! -Esclamò mortificato.
Così dicendo, con fare quasi penoso, rinchiudeva nel cassone quant’era stato gentilmente offerto, e sì ostinatamente ricusato (…)