Andrea Cedrola, uno dei tanti giovani agropolese costretto per lavoro ad abbondanare la sua città natale, è rimasto comunque in Italia Andrea spostandosi da Bologna a Roma per fare lo sceneggiatore. Ora però è in libreria con "La Collina" edito da Fandango. Più che un'intervista quella che leggerete è una conversazione con l'autore, più precisamente il co-autore, dove sarà lui a spiegarci nascita, crescita e sviluppo della sua opera prima.
Caro il nostro Andrea, eccoci ancora qui a raccontare le tue gesta professionali al pubblico della tua città natale. Spesso Agropoli si avvicina ai suoi "prodotti" solo nel momento del, chiamiamolo successo, conoscendo la tua timidezza è un bene?
Innanzitutto, prima di rispondere, voglio scusarmi per l'imperdonabile ritardo. Ho le domande da una settimana. Mi erano state mandate all'uscita del libro. Ma si sa, il tempo vola se ti eserciti ogni giorno per diventare la migliore voce bianca vivente. E di questa mia ascesa verso le vette del mondo del canto, per tornare alla domanda, non se ne accorge nessuno.
Hai ragione, per la mia timidezza è un bene.
Ma veniamo all'ultimo tuo progetto. Com'è nato questo passaggio dal cinema alla letteratura? È stata un'occasione o un progetto già in cantiere?
La Collina nasce come progetto cinematografico. Era un film, nell'idea di Andrea Delogu e mia. Infatti, la prima versione della storia è un trattamento di ottanta pagine (sono poi seguite versioni di venticinque, venti, dieci e tre pagine). E quando Fandango ha scelto la forma del romanzo, è rimasto molto di quello spunto iniziale. La scrittura quasi totalmente senza commento (anche per la crudezza del racconto, a cui non serviva, secondo me, aggiungere nulla) e lo stile secco, asciutto (almeno da quello che mi dicono). Ma di quel progetto cinematografico iniziale è rimasto soprattutto un racconto per immagini. Anche perché la comunità di recupero in cui si svolge la storia, La Collina del titolo, proprio alle immagini deve molto del suo successo. La televisione, i documentari, le fotografie. Riccardo Mannoni, il fondatore della comunità, fa della fisicità la sua forza. Con quel suo essere d'aspetto per metà Stalin e per metà Babbo Natale, Riccardo è innanzitutto corpo, immagine. E lo stesso vale per i suoi ragazzi, o i suoi figli, come lui li definisce in pubblico. Poco tempo prima zombie che minacciavano le nostre città, gli ospiti della Collina sono stati trasformati in ragazzi sani che vengono mostrati alle conferenze di paese e - dopo la diffusione su scala nazionale della comunità - anche in televisione. "Ecco un corpo", dice in sostanza Riccardo portando sullo schermo i suoi ragazzi, "restituito alla normalità". Perché dopo la cura in Collina, quei ragazzi dispongono nuovamente di un corpo solido, forte, bello. Sono di nuovo accettabili. E per i genitori è un riscatto, una vittoria. Finalmente un po' di serenità. So mio figlio dov'è, è custodito. So che sta meglio.
Ci sono degli aspetti negativi in questa "cura"?
Per restituire a quei corpi la solidità e la salute, i ragazzi vengono trasformati in forza lavoro. Sono occupati nei vari settori della comunità con una semplice ed efficace motivazione: bisogna tenere impegnato il corpo in modo da distrarre la mente (è uno degli slogan della Collina). E producono, producono. Pellicce, manufatti, capi d'abbigliamento in lana e seta, vino e tanto altro. Prodotti pregiati, rivenduti sul mercato a prezzi altissimi. E il ricavato, per La Collina, dunque per Riccardo, è il cento per cento. Netto. Perché quei corpi (finalmente non troppo magri e con tutti i denti) lavorano per dieci ore al giorno a titolo gratuito. Non hanno stipendio né buonuscita. Fa parte della cura. Il ricavato dell'attività è enorme. Spropositato per qualunque associazione benefica, secondo alcuni; normale, secondo Riccardo Mannoni. La Collina produce giovani restituiti alla vita, dunque quanto fatturi non deve importare a nessuno. Tantomeno allo Stato, incapace e incompetente, pigro e ignorante sull'argomento. E poi Riccardo allo Stato non ha mai chiesto una lira. Lui fa tutto da solo.
Come fa Mannoni a gestire una situazione così complessa?
Bisogna tenere tutto sotto controllo, mantenere l'ordine. Non solo quei corpi che producono giorno e notte senza sosta, ma anche la loro testa. Non bisogna perdere nessuno per strada. Agendo sulla mente, facendo leva sul senso di colpa, La Collina finisce per assoggettare i suoi ospiti. Quei corpi diventano perfetti per un accumulo di denaro che da un certo momento in poi sembra divenire incontenibile.
Riccardo Mannoni agisce sempre nella legalità?
All'inizio, sì. Poi, negli anni, con l'accrescimento del suo potere, inizia a varcarne i confini sempre più spesso, sempre più spesso, sempre più spesso... fino a diventare un vero e proprio gangster. Da qui le atmosfere noir che pure sono presenti nel romanzo. Riccardo arriva a corrompere, minacciare, truccare corse di cavalli, riciclare denaro tramite un trafficante d'armi. E i suoi ragazzi, proprio perché suoi, gli appartengono, e non sono soltanto forza lavoro ma anche manovalanza per portare avanti quelle attività. E se quei ragazzi sbagliano, non vengono licenziati. Se sbagliano, pagano. È per questo che esistono le punizioni. Nessuno deve ribellarsi.
Hai definito Riccardo Mannoni un gangster. Un gangster, oltre alle attività di cui hai parlato, uccide...
Il libro si apre con una telefonata. A Riccardo viene detto che nella Collina è successo l'irreparabile: un ragazzo è stato ammazzato. Fatto insolito, in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Il ragazzo è stato massacrato di botte dai responsabili di un settore di lavoro. Quando apprende la notizia, Riccardo reagisce violentemente. Non avrebbe mai voluto che accadesse. Quindi sappiamo fin dall'inizio che non è stato lui a uccidere. Ma ci sono delle sue responsabilità in quella morte? Attraverso la narrazione, il libro pone indirettamente questa domanda dall'inizio alla fine.
In che modo definiresti il romanzo?
La Collina è innanzitutto un viaggio nell'impero economico di Riccardo Mannoni. Nel suo regno. È il re che stabilisce le regole, spesso necessarie per gestire tremila tossicodipendenti. Per far rispettare queste regole, però, mette nei posti chiave della comunità persone che si distinguono per la loro ferocia. Persone che si barricano dietro alla necessità dell'ordine per adottare metodi violenti che spesso, molto spesso, con il rispetto di quelle regole non hanno nulla a che fare. Gli stupri non servono, a far rispettare le regole, ad esempio.
Si parlava di un "impero economico".
Riccardo accumula un patrimonio di decine di miliardi di lire. Tanto che viene da chiedersi se quel morto ammazzato all'inizio del libro sia una vittima della guerra alla droga oppure l'inevitabile conseguenza di un impianto strutturato con lo scopo - soprattutto da un certo momento in poi - di accumulare denaro. E in qualunque modo si risponda a questa domanda, comunque ne sorge un'altra: quella vittima era necessaria? Ed era necessario rinchiudere, pestare, incatenare... e dunque spersonalizzare, annullare, segnare per sempre migliaia di altri ragazzi?
Secondo te La Collina avrà un seguito?
L'ideale seguito della Collina (un altro romanzo che naturalmente non sarà mai scritto) dovrebbe raccontare la storia di un magistrato che, dopo aver letto un romanzo ispirato alla figura di Riccardo Mannoni, vent'anni dopo la sua morte fa di tutto per avviare un'indagine sui fatti accaduti in Collina.
Come è stato lavorare a quattro mani?
Andrea Delogu mi ha contattato quasi tre anni fa. Voleva raccontare la sua storia da moltissimo tempo. Per primi sono venuti i suoi racconti. La sua vita di bambina a San Patrignano, la comunità di recupero per tossicodipendenti a cui si ispira il romanzo. Appena ho sentito la storia, ho accettato immediatamente di raccontarla. Poi Andrea mi ha presentato i suoi genitori e tante altre persone che hanno trascorso alcuni anni della loro vita a San Patrignano, tra il 1979 e il 1995. Abbiamo intervistato insieme quelle donne e quegli uomini (allora ragazzi di vent'anni), che sono poi diventati i personaggi più importanti del libro. Molti ne conservano un ricordo terribile, altri sono grati alla comunità per avergli salvato la vita. Per questo nel romanzo abbiamo cercato di rispettare entrambe le opinioni.
Scegliendo le persone, dunque, Andrea ha selezionato in partenza anche le storie principali. È stato poi necessario modificare e intrecciare quelle storie in modo da creare una trama (molte vicende del libro si distaccano dai racconti dei testimoni, quando serve, ma la base è sempre reale). Poi ho cercato una struttura e uno stile che ritenessi adatti a questo tipo di narrazione. Man mano che scrivevo, mandavo il materiale ad Andrea, che leggeva e mi rimandava le sue considerazioni. Abbiamo lavorato così, ed è andata bene, senza intoppi, dall'inizio alla fine.
Siamo stati subito d'accordo anche sul fatto che fossero necessarie due voci narranti. Una bambina, Valentina (ispirata ad Andrea da piccola) ci accompagna all'interno della comunità come se fosse la protagonista di una favola gotica. Nelle intenzioni, e spero nei risultati, non risparmia la crudezza degli avvenimenti ma non si lascia mai andare all'autocommiserazione (lo stesso modo in cui Andrea mi ha raccontato la sua infanzia). E quando descrive certe scene che non può aver visto, la voce di Valentina impercettibilmente scompare per lasciare spazio a una terza persona neutra, che non commenta ma soltanto descrive quelle scene.
La voce del padre, Ivan, racconta gli aspetti politici della vicenda, gli affari di Riccardo Mannoni, il suo agire al limite della legalità. E spesso ben oltre. Sia all'esterno della Collina, dove grazie alle sue conoscenze politiche può muoversi liberamente, sia al suo interno, dove la legge è sospesa.
Sappiamo già che ci sarà una presentazione proprio qui ad Agropoli, si conosce già la data?
Ancora non c'è una data precisa, ma sarà certamente nel mese di marzo. Ho saputo che ad Agropoli moltissime persone hanno letto o stanno leggendo il libro. Non vedo l'ora di poterne discutere con loro. Sapere cosa ne pensano. E soprattutto, come sempre quando sono lontano da molto tempo, non vedo l'ora di tornare.
Presenterai il libro anche ad Agropoli?
L'incontro sarà alla Mondadori di Piazza Vittorio Veneto.