Anche la diciannovesima edizione del Negro Festival di Pertosa si è conclusa. Sotto le grotte dell'Angelo la gente non è mancata e, nei giorni 23-24-25 Agosto, la kermesse di musica etnica che da ormai tanti anni rappresenta un pilastro degli eventi musicali cilentani, ha fatto registrare ancora una volta belle soprese oltre che solide conferme.
L'edizione di quest'anno, intitolata "Terre di mezzo" è stata la giusta occasione per portare alla luce temi oggi più che mai attuali, quali quelli della necessaria cooperazione tra i popoli in continua lotta per la sopravvivenza, la riscoperta dei valori connessi alle proprie radici, il retrogusto dolce della solidarietà.
Esperimento, quello del direttore artistico Zigiotto e, soprattutto, dei tanti pertosiani, riuscito alla grande.
Tra un'escursione alle grotte e una nel fiume, tra un piatto di carciofini bianchi dop e un tagliere di salumi locali, chi si è recato al Negro non è rimasto di certo scontento.
Il versante musicale è stato eccellente. Sebbene non paragonabile ai programmi di qualche anno fa (vedi l'accoppiata Mannarino- Bregovic ed altri precedenti, capaci di far registrare il picco di presenze), anche quello di quest'anno ha garantito qualità. Piacevole scoperta quella del gruppo etnico dei Dhol Foundation, capaci di far ballare al ritmo dei tamburi indiani i curiosi accorsi sotto al palco. Qualità, professionalità e grande passione per la seconda serata, quella di Noa e Mira Awad, un duetto israelo-palestinese, con tanto di discorso per la pace in una terra di mezzo che tanto ne ha bisogno. Chiusura col botto, infine, con la sempreverde Bandabardò.
La vera scoperta di questa edizione è stata però realizzata sul palco secondario, quello della pineta posta sotto le grotte. Qui si sono esibiti veri e propri gioiellini musicali: Unavantaluna (i vincitori del premio Parodi), i Meditamburi project e Ashai Lombardo Arop (capaci di strappare applausi in quantità) e il prodotto locale The Occasional Band (vedi).