Riqualificazione dei centri urbani Licinella, Torre di mare e Paestum sottoposti a vincolo archeologico dalla legge 220 Zanotti Bianco: tutto da rifare. Dopo aver promosso un concorso di idee individuando il team di tecnici di Roma guidato dall’architetto Paolo Vitti, aver elaborato il progetto preliminare bocciato dalla Soprintendenza, la nuova amministrazione, diretta dal sindaco Italo Voza, decide di rescindere il contratto con i professionisti e di utilizzare le somme erogate da ministero per un intervento già previsto nel programma triennale delle opere pubbliche e in fase avanzata di progettazione “ diretto a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio”. Ma partiamo dall’origine. Nel 2006 il Comune di Capaccio ottiene un finanziamento di un milione di euro stanziati con la Finanziaria sul disegno di legge presentato dall’allora senatore Gaetano Fasolino. Per il progetto di riqualificazione urbana, più volte oggetto di contestazioni e polemiche, viene promosso un concorso di idee. Lo scoglio da superare sono le migliaia di manufatti ( abitazioni private, strutture ricettive, attività commerciali) costruite nell’area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, che vincola mille metri intorno alla cinta muraria di Paestum. L’alternativa sarebbe l’abbattimento, (su quasi tutti i manufatti da anni pende un’ordinanza di demolizione mai eseguita), ma è chiaro che una simile evenienza avrebbe una rilevanza sociale enorme. Nel 2010 viene elaborato un primo progetto preliminare bocciato dalla Soprintendenza nel corso di una conferenza di servizi per l’acquisizione dei primi pareri “ non suscettibile di approvazione in quanto configge con il disposto normativo della legge 220/57, perché prevede la realizzazione di strutture, ed è quindi in contrasto con le norme di tutela e in difformità con la prescrizione dell’area”. Nella nota la Soprintendenza invita l’ex amministrazione Marino “ad intraprendere accurati studi e censimenti del patrimonio edilizio abusivo realizzato in vigenza della legge 220/57. In mancanza di essi la proposta progettuale non risolve i fattori di degrado esistente, limitandosi ad estrapolare, dall’ambito di intervento, alcune aree sulle quali prevede opere di riqualificazione, e relegando in sacche chiuse i punti di maggiore criticità”. Un progetto che ha suscitato molte contestazioni soprattutto dei residenti di Torre di mare, per la previsione di possibili abbattimenti. Intanto, viene investita una fetta cospicua del finanziamento di circa 250.000 euro. Dopo la bocciatura della Soprintendenza, si parla poi di una rimodulazione del progetto. Ed ora trascorsi sette anni, durante i quali l’iter non è decollato, la nuova amministrazione decide di investire quel che resta del milione di euro in un’altra opera prevista nel piano triennale. Una vicenda che ha effettivamente del paradossale considerato il lungo iter, l’impiego di risorse e professionalità che dopo sette anni non ha portato a nessun risultato. L’ennesima conferma che quando si deve mettere mano ad abusi storici per un’azione di riqualificazione nella 220 tutto si conclude con un nulla di fatto.