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Calcio, si prepari la lapide per l'U.S.Agropoli. Il defunto sta arrivando


Storia di una fusione fallimentare tra due società

Purtroppo anche questa giornata rischia di essere monopolizzata dal calcio e in particolarmodo dall'Unione Sportiva Agropoli. I non appassionati di questo sport probabilmente non ne saranno felici, ma per noi è un dovere raccontare, a chi tiene realmente alle sorti dell'Unione Sportiva Agropoli, ciò che sta accadendo. Prima però è necessario andare indietro nel tempo, fino all'agosto di quest'anno e precisamente al tempo della fusione tra la prima squadra e il "Città di Mare" che ha finora creato soltanto confusione.

Chi da palazzo di città in quell'occasione, festante, annunciò l'avvenuto accordo tra le due società, ora deve fare un passo indietro perché la situazione nel calcio agropolese è a dir poco critica. Doveva essere l'unione che avrebbe permesso di riportare entusiasmo in città e soprattutto l'unione che avrebbe dovuto concentrare le risorse economiche verso un'unica società. Fallimento su entrambi i fronti: la gente ha disertato il "Guariglia". 200 spettatori rappresentanto un record in questo campionato. La gente non va più allo stadio ed è infastidita dalla presenza in società, di gente che fino allo scorso anno remava contro la prima squadra cittadina. Sul fronte economico poi, la situazione non è migliore. Lo scorso anno il criticatissimo Adinolfi, riuscì fino a febbraio ad essere puntuale nel pagamento degli stipendi dei suoi tesserati, salvo poi incontrare difficoltà lungo il percorso che lo hanno portato, dopo Natale, a lasciare la società. Quest'anno i problemi si sono presentati fin da settembre con i giocatori che reclamano ora gli stipendi arretrati.
Adamo Coppola, assessore al bilancio, uno dei finanziatori della squadra e trait d'union con altri imprenditori, ha affermato però che i soldi non mancano e almeno di lui è giusto fidarsi sperando però che alle parole seguano i fatti.
Passiamo quindi ad analizzare l'ambito tecnico. Anche in quest'occasione è necessaria però una premessa. La fusione tra Unione Sportiva Agropoli e Città di Mare, è fatto soltanto teorico perché nella realtà le divergenze tra i dirigenti provenienti da diverse società ci sono sempre state. Da un lato i vecchi quadri dirigenziali, da sempre nel mondo del calcio fatto anche ad importanti livelli, dall'altro persone che di esperienza ne hanno da vendere, ma dai campionati di Promozione in giù. Detto questo, giusto sarebbe che quest'ultimi, anziché considerare l'Eccellenza come un hobby e un divertimento, si affidassero alle mani dei più esperti perché in questo campionato ci sono giocatori e città importanti,  squadre blasonate e ogni minimo errore rischia di creare danni irreparabili.

Ma questa auspicata collaborazione non c'è stata, fin dalla scelta dell'allenatore Gennaro Russo, fortemente voluto da una parte della società. Un tecnico quest'ultimo, verso il quale la piazza come i giocatori, erano diffidenti. Meglio sarebbe stato confermare il trainer della passata stagione che, con un badget ridottissimo e con tanti problemi in società, era comunque riuscito a creare un grande gruppo, a portarlo in alto e a farsi amare dai tifosi. E' chiaro però, non si possono addossare tutte le colpe a Russo, più pesanti sono invece le responsabilità della società o di parte di essa, per aver mandato allo sbaraglio un tecnico in un campionato che, seppur dilettantistico, è comunque importante. Questi personaggi ora, devono assumersi tutte le colpe della crisi un cui versa l'Agropoli. Ma anche quest'auspicio rischia di essere disatteso. Infatti sembra proprio che parte della società, anziché assumersi le responsabilità di aver condannato l'Agropoli a marcire nei bassifondi della classifica, stia cercando di scaricare le colpe su personaggi che la Campania ci invidia, capaci di vincere campionati e di scoprire giovani talenti. Chiaro il riferimento al d.g. Massimo Mastrangelo, accusato da qualcuno di aver addirittura imposto a Russo di schierare le riserve nella gara contro la Sarnese, di aver sbagliato il calciomercato e di avere in mente fin da agosto, un disegno per mandare a casa l'ex tecnico del Città di Mare ed imporre sulla panchina dei delfini Gianfranco Balzano.
Questo spiega anche il perché dopo essere saltata la testa di Russo, sia saltata anche quella del preparatore atletico. Parte della società non poteva permettere che un proprio uomo andasse via, senza che anche un rappresentante dell'altra parte della società saltasse. Questa è l'unica ipotesi plausibile. Tra Balzano e Russo non esisteva un feeling e un legame tale da giustificare l'allontamento di entrambi, così come non poteva accusarsi il primo, di aver sbagliato la preparazione atletica della squadra perché, se la squadra ha solo 8 punti in campionato, non è certo perché non corre in campo.

Ma chi ha sempre guardato partite fra squadre dell'oratorio, di terza, seconda e prima categoria, non conosce Balzano che da calciatore ha militato ad altissimi livelli, è esperto della categoria e conosce bene l'ambiente per essere stato il secondo di Turco lo scorso anno. Un allenatore che poi, sarebbe gradito alla piazza che già ieri aveva in mente di far uscire dei manifesti contro la società. Se Mastrangelo, che di calcio se ne intende, avesse realmente avuto in mente questo disegno, non ci sentiamo certamente di condannarlo. Sarebbe anzi una scelta logica, economica e voluta anche dallo spogliatoio. La maggioranza della squadra si è infatti apertamente schiarata al fianco del d.g., fattore quest'ultimo determinante, soprattutto in un momento in cui l'ambiente necessità serenità.
Sulle operazioni di mercato sbagliato, "alcune delle quali condotte all'insaputa della società", ci sarebbe poi molto da discutere. I "confermati" della scorsa stagione e gli acquisti fatti in estate, non sembrano essere le principali cause del disastro. Piuttosto invece, a fare mea culpa è quella parte della società che non è mai riuscita a creare feeling con lo spogliatoio. Basti pensare che Antonio Spinelli, dimessosi da d.s., si è presentato ieri dai calciatori creando non pochi malumori. Ci chiediamo poi, se non Mastrangelo, chi avrebbe dovuto condurre il calciomercato che non è certo uno scambio di figurine Panini.

Oggi, all'amministrazione comunale che ha voluto questa fusione, ai dirigenti, allo staff tecnico, ai calciatori, va fatto comprendere che l'Eccellenza è un campionato dilettantistico soltanto in teoria e, seppur il livello del torneo negli ultimi anni si è sensibilmente abbassato, fare calcio in questa categorie, significa avere un minimo di conscenza dello sport, dell'ambiente, delle squadre, dei calciatori e dei tecnici.  L'Eccellenza insomma non è un torneo rionale, nè una Promozione, una prima, seconda o terza categoria dove tutti possono partecipare e chi perde, lascia davvero poco. Ad ora invece, perdere l'Eccellenza, significherebbe perdere un campionato conquistato con tanta fatica da Tony Di Luccio e dal suo entourage nel 2003, significa mortificare una piazza che fino a poco tempo fa mostrava tutta la sua passione per questa squadra. Che fine hanno fatto queste persone? Perché lo stadio è deserto? La società, o parte di essa, farebbe bene a chiederselo e a riflettere sui propri errori.

A questo punto però, al di là delle polemiche, è necessario un cambiamento di rotta. La società deve lasciare che ognuno svolga con tranquillità il proprio lavoro, dai calciatori allo staff tecnico e dirigenziale. Altrimenti una parte di dirigenza farebbe bene a farsi da parte. I tifosi poi, così come la stampa, devono restare uniti attorno a questa squadra altrimenti, il rischio reale che la società scompaia esiste. Basta criticare allenatori, giocatori e dirigenti. In passato lo si è fatto troppo spesso mettendo sul banco degli imputati anche chi, seppur discutibilmente, ha condotto questa squadra sempre con passione ed entusiamso. Bisognerebbe invece imparare che al peggio non c'è mai limite. Ernesto Rocco

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