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Agropoli festeggia San Valeriano Martire

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Agropoli festeggia San Valentino Martire. Domenica 14 aprile, alle ore 18, si terrà la processione con la statua del Santo che partirà dalla stazione e attraverserà le vie di San Marco fino alla chiesa del Sacro Cuore, dove al termine del corteo religioso sarà celebrata la Santa Messa. 

La storia di San Valeriano: un santo per le famiglie

Era una notte di primavera. In cielo occhieggiavano le stelle e la luna con la sua falce d’argento splendeva placida illuminando con il suo mite raggio l’ondulata campagna romana. Dalla casa patrizia dei Cecili uscivano due donne avvolte in bianco ammanto e procedevano silenziose sulla via Appia, la regina delle vie, che svolgeva fra i sepolcreti pagani. Esse si recavano nelle catacombe do avrebbero avuto luogo le sacre cerimonie dei primitivi Cristiani. Una era Cecilia, discendente della nobile famiglia dei Cecili, e l’altra la sua nutrice Marzia. La nobile fanciulla era nata da genitori pagani, ma quando era ancora piccina dalla sua fedele nutrice udì il nome di Dio e le meraviglie della creazione. La bambina ascoltava assorta il racconto meraviglioso della vita di Gesù, e le sublimi verità del Cristianesimo s’imprimevano profondamente nel cuore innocente. Appena fu possibile Marzia condusse Cecilia dal Vescovo di Roma Urbano che viveva nascosto in una casupola dell’Apia. Egli intuì nella fanciulla un’anima straordinaria, e dopo d’averla istruita, versò sul suo capo l’onda rigeneratrice del santo Battesimo. Ed ora ella voleva consacrarsi vergine al Re delle Vergini. Entrò nell’ingresso delle Catacombe seguita da Marzia; attraverso alcune gallerie, passarono accanto al sepolcro dei martiri davanti ai quali ardevano dei lumicini, come stelle luminose nella notte. Le gallerie si allargavano in una sala centrale dove erano raccolti molti fedeli. Il Vescovo Urbano, con molta semplicità intonò un canto sacro che elevò melodioso sotto quelle oscure volte nei cunicoli fra le azzurrine nuvolette d’incenso. Cecilia s’appressò all’altare ammantata d’un candito velo; s’inginocchiò davanti ad Urbano e disse: “ Padre Santo, io desidero consacrare allo Sposo Gesù e alla Sua Santissima Madre, la mia verginità”. “ O figlia – replicò il vescovo di Roma – ti consacro sposa di Cristo, Figlio del Padre Sommo Iddio: che Egli ti custodisca illibata”. Tutti i presenti risposero: “Amen”. Il vescovo le coprì la testa con il bianco velo già benedetto e proferì su di lei alcune parole di raccomandazione. Infine celebrò i Divini Misteri e la Comunità fu mandata alle proprie case con la pace del Signore. Anche Cecilia accompagnata dalla fedele Marzia fece ritorno a casa, ma quella notte provava una gioia così immensa, che non potè fare a meno di cantare lungo il cammino, una lode al Signore. A pochi passi dalla casa dei Cecili vi era la nobile casa dei Valeri, abitata dai fratelli Valeriano e Tiburzio. In quella splendida notte di primavera, Tibuzio era assente e Valeriano, giovane Tribuno di rara maschia bellezza, ascoltava i discorsi passionali che la sua schiava Argia gli faceva, con la speranza poi che il padrone le concedesse qualche attimo di folle passione. Valeriano era abituato alle più basse passioni, poiché la Roma dei Cesari si cibava quotidianamente di ogni sorta di vizi e passioni. Il giovane stava per cedere, quando improvvisamente udì venire dalla finestra, un canto meraviglioso che il suo udito non aveva mai sentito. Si alzò e corse alla finestra con la speranza di vedere la dea Venere che cantava inneggiando l’amore. Ma la meraviglia lo invase tutto quando si accorse che quella dea era Cecilia, figlia dei nobili Cecili, candita sposa del Re dei Martiri. La visione durò pochi minuti poiché Cecilia celermente entrò in casa sua. Argia piena di luride passioni e infastidita dal passaggio in opportuno di Cecilia cercava di attrarre a sé il giovane tribuno che era rimasto pensieroso a guardare le tante stelle del cielo mentre nell’animo suo era nato l’amore per la candita Cecilia, così diversa dalle nobili donne di Roma. Argia chiama Valeriano “ Padrone cosa pensi? Non può il mio corpo farti dimenticare Cecilia di cui dicono ch’è Cristiana?”. “ Taci, o schiava, perche nell’anima mia questa notte è nato l’amore per Cecilia e domani mi recherò dai Nobili Cecili affinchè me la diano per moglie”. E così avvenne. Un giorno d’estate, mentre tutto intorno era un incanto di fiori, un alitare di profumi, un gorgheggiare di uccelli, Cecilia davanti alla croce pregava. Il suo bel viso, di solito tanto sereno e luminoso, era oscurato da una nube di profonda malinconia. Già da un po’ di tempo si prolungava la sua preghiera e Marzia era venuta a cercarla. Ella notò negli occhi della sua diletta quel velo di tristezza e traendola sopra un sedile di marmo le disse: “ Mia cara Cecilia, che hai? Che cos’è che ti turba? Il tuo volto ha perduto la sua serenità e forse il tuo cuore la pace?”. “ Oh mia buona Marzia, sì, ho9 una cosa che mi dà tanto affanno…” “ E sarebbe?”. “ I miei genitori vogliono ch’io vada sposa al nobile Valeriano della famiglia dei Valeri”. “ Oh lo conosco bene, Cecilia. E’ un giovane bello, valoroso in guerra, onesto, di nobili sentire. E un buonissimo partito”. “ Si lo so che ha molte belle doti, ma la mia promessa di verginità?”. E la fanciulla si mise a piangere. “ Coraggio Cecilia!”. “ Io voglio rimanere fedele a Cristo…..Ma come faro? Che devo rispondere ai miei genitori? Vorrei anche obbedire…..Essi mi hanno esposte tante forti ragioni… e poi penso che potrei convertire Valeriano…. Sono in mare di dubbi…. che mi consigli di fare?”. “ Il mio consiglio è questo: andiamo dal Pontefice Urbano e ascoltiamo quello che dice”. Il vescovo di Roma acconsentì a questo matrimonio. Venne il giorno delle nozze. Due giovane liberte prepararono a Cecilia un bagno profumato di rare essenze, poi la vestirono della bianca semplice tunica di lana, indi le acconciarono i capelli in sei trecce e le adattarono sul capo il flammeum nuziale. Cominciava l’imbrunire e la stella della sera brillava sull’orizzonte, quasi a lieto presagio, e la sposa veniva accompagnata alla casa dello sposo per costituire una nuova famiglia. Valeriano attendeva impaziente Cecilia, sulla soglia della sua casa. Oh come l’amava! Quel tesoro conduceva al suo focolare! Egli nell’accoglierla aveva profuso nel palazzo tutto quello che il suo amore aveva saputo trovare di più bello, di più ricco, di più delicato. Il rito nuziale si svolse secondo i riti pagani: si fece l’offerta del vino e del latte; Cecilia spezzò il pane e lo porse al patrizio con la sua mano tremante. Ad ora tarda gl’invitati si congedarono e Cecilia venne accompagnata da varie matrone nella sua stanza nuziale. Valeriano stava accanto a lei e la felicità di quelle ore illuminava la sua maschia bellezza. “Cecilia” – esclamò e fece l’atto di stringerla al petto – “ Non mi toccare” – supplicò dolce e risoluta ad un tempo, allontanando da se lo sposo. Egli rimase interdetto; Cecilia gli apparve come cinta da luce; sembrava che una barriera si fosse alzata fra lei e lo sposo. “ Dunque non mi ami, Cecilia?”. “ Vuoi forse che deponga il mio amore carnale in un’altra donna che non è la mia sposa?”. Gli occhi di Cecilia raggiavano d’una luce misteriosa. “ Io amo Cristo! Egli ha mandato un Angelo a difendermi, ecco è vicino al mio lato, le sue vesti sono come neve candita, il suo volto come il sole, gli occhi mandano lampi”. E Cecilia trasumanata nell’estasi non sembrava più cosa terrena. Valeriano stava immobile e pieno di timore e ammirazione. “ Tu dunque vedi l’Angelo del tuo Dio?” “ Sì Valeriano, ed ora lo spirito angelico guarda anche te”. “ E perché non posso vederlo anch’io?” - “ Perché tu non sei Cristiano”. Un’esprimibile lotta invase l’anima dello sposo, lotta tra la carne e lo spirito. Cecilia replicò: “ Se vuoi vedere il mio Angelo, devi abbracciare la fede di Cristo”. E gli occhi della ragazza mandavano strani raggi che penetravano e conquistavano l’animo di Valeriano purificandolo da ogni desiderio carnale. “ Cecilia, dimmi che devo fare!”. La sposa gl’indicò il luogo della via Appia dove avrebbe trovato Urbano. Valeriano non pone indugio e si presentò al vescovo di Roma. Il venerando vegliardo alzò gli occhi e le mani al cielo benedicendo il Signore, e dopo alcun giorni d’istruzione religiosa gli conferì il Santo Battesimo. Ritornato presso Cecilia con mistica veste della grazia, Valeriano vide un angelo che, circondato da celesti raggi, deponeva sulle loro teste due corone di rose e gigli dalle quali emanava un soavissimo profumo, mentre i loro cuori erano invasi da una gioia di paradiso. Valeriano, felice della sua fede, attrasse al Cristianesimo anche il fratello Tibuzio e i due giovani si diedero a lavorare alacremente nel campo del Signore, operando molti miracoli. La schiava Argia continuava ad amare passionalmente il giovane cristiano e vistasi non più corrisposta denuncio Valeriano e Tibuzio al prefetto di Roma Almacchio. Egli comandò che i due giovani venissero alla sua presenza e cercò con promesse e con minacce di farli rinunciare alla loro fede. Ma rimanendo essi irremovibili, ordinò che fossero flagellati. Si eseguì il barbaro supplizio alla presenza di una gran folla che dava segni di disapprovazione. Perciò Almacchio ordinò che fossero portati in carcere e poi segretamente decapitati. A guidare il drappello che doveva condurre all’ultimo supplizio i due martiri nell’oscurità della notte, fu scelto Massimo Corniculario di Almacchi che sul fare della sera mise in effetto l’incarico ricevuto. Mentre andavano al luogo ferale Massimo compassionava i due giovani, perché dovevano essere sacrificati sul fiore dell’ età, ma essi parlavano con tanto eloquenza del Cristianesimo che egli ne fu entusiasmato. Favoriti da un furioso temporale, che si scatenò all’improvviso, Massimo li ricoverò nella sua casa che si trovava lì vicino. Egli destò i sui familiari e ordinò loro che assistessero alle spiegazioni dei confessori di Cristo. Valeriano volle dargli una prova della sua verità che esponeva assicurandolo della protezione continua della sua famiglia e che questa avrebbe visto la gloria che lui e Tibuzio avrebbero avuto in cielo. E difatti così avvenne e Massimo e la sua famiglia furono conquistati al Cristianesimo. Fu avvisata intanto Cecilia che essa venne e potè abbracciare i due martiri. Mancava poco all’alba primaverile del 14 Aprile 179 D.C. e i due Martiri Valeriano e Tibuzio si avviarono al luogo del supplizio; essi erano pallidi, ma sorridenti si inginocchiarono, si segnarono, porsero il capo e caddero come fiori troncati.

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