Tutti parlano di ‘Mare fuori’, ma cosa serve al telespettatore per poter rientrare a pieno titolo tra coloro che seguono ed inseguono la fortunata serie televisiva?
Perchè Mare Fuori è un prodotto vincente? Proviamo a scoprirlo insieme
Innamorarsi di un prodotto tv non è sorprendente o disdicevole se questo è cucito addosso a giovani rasati o riccioluti, con lo stesso sguardo dei nostri figli, fratelli o nipoti, stessi silenzi, stessa felpe, stesso ciuffo, stessa età, stessa fragilità. Così un prodotto tv, apparentemente distante dal nostro quotidiano, vince.
Chi è seduto sul divano ha solo la facoltà di poter attivare o disattivare momentaneamente una finestra aperta sulla realtà tra le tante dei nostri tempi. Per godere della visione della serie ‘Mare fuori’ bisogna, tuttavia, fare pulizia di luoghi comuni. Non sempre, per esempio, la rabbia e la violenza di un carcere minorile si esprimono come ci aspetteremo.
Una serie al passo con i tempi: fenomeno tra i giovanissimi
È necessario seguire le vicende intricate e mozzafiato, soprattutto dal punto di vista emotivo, dei ragazzi detenuti in un istituto penitenziario minorile a Napoli per interpretare nella maniera giusta un atto obiettivamente violento e da denunciare. Bisogna, poi, non disdegnare il linguaggio dialettale in tv, modalità anche essa ormai diffusa alla quale, da Bolzano a Palermo, tutti si sono adattati. In ultimo, bisogna essere, sinceramente e senza pregiudizi, interessati a conoscere generazioni diverse dalla nostra, condizioni umane e culturali e sociali apparentemente lontane da noi.
Quello che sorprende è come la serie sia davvero divenuta un fenomeno che supera sia i confini generazionali sia quelli dei canali di fruizione: dopo il suo debutto su RaiPlay, ha fatto il boom dopo il suo passaggio su Netflix, e ora con la sua terza stagione – già divorata dai fan – è ritornata sia sullo streaming Rai sia su Rai 2, dove gli ascolti crescono a vista d’occhio.
Fenomeno social
Ma è anche sui social che si traduce il suo successo, con meme e trend virali che non fanno che aumentare la popolarità dei suoi protagonisti, passati anche dallo scorso festival di Sanremo. Quando un prodotto tv del genere, dai connotati tradizionali, conquista l’Italia intera, diventa semplice e diretto un paragone con una serie ancora oggi considerata, prima e come Gomorra, uno dei prodotti tv italiano più famosi nel mondo: la Piovra.
La lotta fra il bene e il male
Al lettore ultraquarantenne farà piacere certamente ricordare nomi come quello del commissario Cattani, Tano Cariddi e quello di tanti altri attori che ebbero il merito di interpretare con estremo realismo vicende politiche, di cronaca e di mafia; non solo quella degli uomini d’onore, dei picciotti e dei killer spietati, ma un fenomeno ben più complesso ed articolato, rintracciabile tra le poltrone politiche della nostra bella Italia. Tant’è che La Piovra subí fortissime pressioni tali da far concludere la saga, nonostante questa continuasse ad avere un grandissimo successo di pubblico e critica.
Ciò che rende ‘Mare fuori’ (così come fu per la Piovra) un prodotto tv vincente è, banalmente, la perenne lotta fra il bene ed il male, in cui il bene, la redenzione del cattivo, il suo riscatto sociale rendono accettabile la storia narrata. Ancor di più quando il riscatto avviene tra adolescenti, ancora figli, ancora da salvare. Nessuna novità dunque dal punto di vista strettamente mediatico.
Eppure, l’ossessione che parte dalla sigla, ‘O mar for, urlata, canticchiata o appena abbozzata un po’ ovunque, l’interesse diffuso o anche soltanto la semplice curiosità, dopo tutto questo ronzio social, rende incredibile che ci sia qualcuno che ancora non si è interessato a questa fortunata e tanto amata serie tv.