Italia: si diffonde l’abbandono precoce della scuola, record negativo al Sud

Italia: si diffonde l’abbandono precoce della scuola, record negativo al Sud, ecco il report

Di Francesca Scola

In Italia uno studente su 10 tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente gli studi superiori. È quanto afferma il report dell’Istat relativo agli anni fino al 2022. A preoccupare molto sono i dati relativi al Sud Italia. Sul nostro territorio nazionale la spesa pubblica per l’istruzione è più bassa rispetto alla media europea e, contemporaneamente la vita degli studenti diventa sempre più difficile.

Il report

Nel 2022, rispetto al 2021, si è registrato un calo molto lieve relativamente alla percentuale di studenti che hanno abbandonato precocemente la scuola. Si tratta dell’11,5%, in leggera diminuzione rispetto al 12,7% dell’anno precedente. Secondo quanto riporta l’Istat nel dossier Noi Italia 2023 ad abbandonare la scuola prima del tempo sono più i ragazzi (13,6%) che le ragazze (9,1%).

Le percentuali al Sud

Nel Sud Italia il livello di abbandono precoce sale al 15%, qui il fenomeno ha subito una crescita esponenziale soprattutto a causa della pandemia. La situazione risulta molto grave ini Sicilia, dove, nell’anno 2021/2022 l’abbandono scolastico ha toccato il 21,2%. A seguire questa regione sono la Puglia con una percentuale del 17,6% e la Campania con il 16,4%.

In molti comuni del Mezzogiorno a causare l’abbandono degli studenti è stata l’impossibilità di usufruire dei mezzi pubblici e la necessità di affiancare i familiari a livello lavorativo. Il territorio del ragusano, ad esempio, presenta circa 5909 casi di abbandoni precoci, numero che combina l’evasione scolastica (studenti che non si sono mai presentati a scuola anche se iscritti) con l’abbandono scolastico vero e proprio (studenti che lasciano la scuola prima della fine della scuola dell’obbligo) e la frequenza irregolare e incostante delle lezioni.

Le cause dell’abbandono sono molteplici e possono variare a seconda dei casi: “problematiche particolari” degli studenti, difficoltà familiari (tra cui le precarie condizioni socioeconomiche) o disagi piscologici spesso causati dalla pandemia. Quest’ultimo fattore è quello che condiziona il dato in maniera minore.

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