Nei giorni scorsi l’Agenzia nazionale per i beni confiscati ha acquisito l’immobile di via Sandro Pertini, riconducibile a Roberto Squecco. La conclusione di questo lungo iter è frutto del lavoro investigativo e giudiziario della Direzione investigativa Antimafia e del coordinamento della Dda. Il tribunale, inizialmente, aveva ritenuto la pericolosità generica dell’imprenditore dal 1998 al 2004, ma non aveva deciso per la confisca dell’immobile perché la sua costruzione era iniziata nel 1997, in un periodo non caratterizzato dalla pericolosità sociale del proposto.
La sentenza della Corte di Appello
Successivamente, la Corte di Appello ha disposto il sequestro dell’immobile per due distinte ragioni. In primo luogo, ha ritenuto la pericolosità sociale di Squecco dal 1996 al 2002, poiché in quell’anno era stato trovato in possesso di un motore rubato e denunciato per ricettazione.
In secondo luogo, ha evidenziato la pericolosità sociale qualificata dal 2012 al novembre 2014. Inoltre, la costruzione dell’immobile era iniziata nel 1997 e si era protratta per diversi anni, anche in quelli in cui era stata accertata la pericolosità dell’imprenditore.
La sentenza della Cassazione e la fine dell’iter burocratico
La Cassazione, infine, ha ritenuto infondato il ricorso dell’imprenditore di Capaccio, noto per il famoso corteo delle ambulanze in occasione di una competizione elettorale nel suo comune, e ha espresso la necessità della confisca di alcuni beni. La sentenza della Suprema corte è del 2019, ma solo nei giorni scorsi l’iter burocratico si è concluso con l’acquisizione dell’immobile da parte dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Adesso l’Agenzia dovrà avviare l’iter per riporre il bene di via Pertini a disposizione della pubblica utilità.