Guardia di Finanza: bloccata l’erogazione di finanziamenti su fondi P.N.R.R.. Indagini eseguite a Salerno

Si tratta dell'operazione "La giostra si è fermata" in cui sono state eseguite 4 misure cautelari personali. Sequestrati beni per 490.198,62 euro

Comunicato Stampa
Guardia di finanza

I Finanzieri del Comando Provinciale di Pesaro, nell’ambito di un’articolata operazione di polizia
giudiziaria denominata “La giostra si è fermata”, hanno eseguito 3 ordinanze di custodia
cautelare
personali nei confronti di 3 indagati, una misura cautelare interdittiva nei confronti di un
quarto indagato e sequestri preventivi a carico degli stessi 4 indagati e di due società per un
ammontare di € 490.198,62. Le ordinanze ed i decreti sono stati emessi dal Giudice per le Indagini
Preliminari del Tribunale di Pesaro, su richiesta dell’European Public Prosecutor’s Office (EPPO) di
Bologna.

L’attività ha consentito, altresì, di bloccare illecite richieste di finanziamenti pubblici, erogati con fondi
del P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), per oltre 15 milioni di euro, che sarebbero stati
stanziati da SIMEST (società partecipata da Cassa Depositi e Prestiti).

Attività di indagine

La complessa attività di indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Pesaro, è
stata inizialmente intrapresa nei confronti di una società a responsabilità limitata avente sede
formalmente dichiarata a Pesaro, beneficiaria di finanziamenti agevolati e garantiti dallo Stato e
dall’Unione Europea riconducibile ad un soggetto che risultava essere amministratore e socio unico.
Le preliminari investigazioni sulla società pesarese, svolte mediante anche avanzate tecniche di
indagine, avevano consentito di convalidare l’ipotesi investigativa di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli approfondimenti investigativi consentivano inoltre di
individuare ulteriori casi analoghi di agevolazioni pubbliche richieste ed in parte ottenute mediante
simili condotte di frode a favore di altre società con sedi legali nelle province di Ravenna e Bolzano.
Il quadro complessivo così delineato evidenziava, a carico degli indagati, ben 15 casi di truffa
aggravata aventi ad oggetto numerose richieste di finanziamenti a sostegno delle imprese italiane nel
percorso di internazionalizzazione, in relazione alle quali, grazie alla fattiva collaborazione di SIMEST,
ne è stata impedita l’erogazione per una somma superiore a 15 milioni di euro.

Gli indagati avevano escogitato un ingegnoso modus operandi criminale che era riuscito a superare
anche i controlli operati dagli Enti eroganti, realizzando così una “best practice” della truffa: creavano o
rilevavano delle società di capitali che, di fatto, erano scatole vuote, prive di qualsiasi operatività commerciale/finanziaria, con sedi legali ed unità locali totalmente inesistenti o riconducibili a servizi di
mera domiciliazione societaria, mantenute in vita appositamente per frodare gli Enti preposti
all’erogazione del denaro pubblico.

Bilanci falsati

Le società utilizzate, di fatto, non avevano mai presentato le prescritte dichiarazioni fiscali, alcune
addirittura da oltre 20 anni, ma gli indagati si premuravano di creare “a tavolino” almeno due bilanci
d’esercizio totalmente falsi che esponevano ricavi milionari, li depositavano telematicamente al
Registro Imprese, realizzando così il delitto di false comunicazioni sociali. Presentavano poi a SIMEST
una serie di richieste di finanziamenti – in parte anche a fondo perduto – garantiti dallo Stato e/o con
fondi europei, motivandoli con un’asserita volontà di internazionalizzare l’impresa, sviluppare il
commercio elettronico o per l’inserimento nei mercati esteri.
Attraverso la comunicazione delle suddette informazioni mendaci, che hanno indotto in errore il
soggetto gestore delle risorse, riuscivano a ottenere una prima erogazione dei finanziamenti che
immediatamente venivano distratti dai conti correnti societari attraverso sistematici prelievi in contanti
agli sportelli bancari automatici (ATM) nonché tramite bonifici bancari a favore anche di altri soggetti
(persone fisiche e società) estranei alla compagine sociale, ponendo in essere così sia il delitto di
malversazione di erogazioni pubbliche che il delitto di autoriciclaggio.

Le ulteriori investigazioni sono state determinanti per individuare una “regia tecnica” realizzata che si
ritiene essere stata svolta da un commercialista che si è prodigato attivamente per la realizzazione a
“tavolino” dei bilanci milionari falsi, per la loro trasmissione e deposito al Registro Imprese, per alterare
sia i contratti con i fornitori (anch’essi inesistenti e messi a disposizione dallo stesso commercialista),
sia gli estratti conto bancari propedeutici all’ottenimento delle tranche successive di denaro, che solo il
tempestivo intervento della Procura Europea e della Guardia di Finanza ne ha impedito l’erogazione.
Gli altri tre indagati sono soggetti da sempre privi ufficialmente di reddito e di capacità
economico/finanziaria, che non svolgono alcun effettivo impiego di lavoro, ma sono costantemente alla
ricerca di nuovi business illeciti da realizzare, coscienti del fatto che “se si ferma la giostra voglio
vedere cosa facciamo”, come asserito più volte dagli indagati nel corso delle intercettazioni,
determinanti per la contestazione delle condotte criminali.

Indagini nel salernitano

Le attività operative, con particolare riferimento alle perquisizioni delle abitazioni, degli uffici e dei
luoghi e delle pertinenze degli indagati, sono state prevalentemente eseguite nella provincia di
Salerno. Sono state condotte con il supporto di militari del Gruppo di Salerno e di un’unità cinofila
specializzata nella ricerca di denaro, c.d. “cash dog”, messa a disposizione dalla Compagnia Guardia
di Finanza di Capodichino.

L’operazione, condotta dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di
Finanza di Pesaro, costituisce un brillante riscontro all’efficienza delle indagini concernenti le più gravi
ipotesi di danno agli interessi finanziari dell’Unione Europea per le quali è prevista la competenza di
EPPO, a fronte delle quali è stato assicurato il pronto recupero delle risorse europee illecitamente
percepite ed evitato il reiterarsi delle ulteriori condotte.

Tutte le persone coinvolte si presumono innocenti fino a prova contraria nei tribunali italiani competenti.

L’EPPO è la procura indipendente dell’Unione europea. Ha il compito di indagare, perseguire e
giudicare i reati contro gli interessi finanziari dell’UE.

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