Truffa aggravata in concorso, ai danni del Comune di Eboli. Il gup Annamaria Ferraiolo del Tribunale di Salerno, in accoglimento della richiesta del pm Mariacarmela Polito, ha disposto il rinvio a giudizio per 8 persone. A processo Annamaria Sasso, coordinatrice del Piano di Zona S3; Assunta Di Novi, Antonella Giarletta e Gerardina Mogavero, rispettivamente presidente, vicepresidente e consigliera della cooperativa C.S.M. Service di Battipaglia; Anna Maria Mirra, Oraziantonio Leso, Lucia Buccella e Buoninfante Vincenza, rispettivamente, vicepresidenti e consigliera della coop Anche Noi di Eboli, consociata in ATI con la C.S.M. Service.
Le indagini e le accuse
I fatti risalgono ad inizio 2020, con le indagini eseguite dal Nucleo Economico-Finanziario della Guardia di Finanza del comando provinciale di Salerno, supportate da una relazione dell’ANAC. Gli imputati sono accusati, nello specifico, di aver ottenuto un compenso non dovuto pari a 20.595 euro per servizi mai effettuati, ma attestati mediante falsa rendicontazione delle ore di servizio svolte. Gli stessi sono relativi all’assistenza specialistica per alunni con disabilità nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, nel comuni dell’ambito S3 (ex S5).
La coordinatrice Sasso risponde anche di falso in atto pubblico, avendo firmato la determina di erogazione delle fatture presentate dall’ATI, per la somma complessiva di 95.917 euro.
Il comune ebolitano si è costituito parte civile ed è rappresentato dall’avvocato Sigismondo Lettieri. Accolta la richiesta di costituzione di parte civile anche per la mamma di uno dei ragazzi disabili, difesa dall’avvocato Franco Cardiello.
Nel febbraio scorso la Guardia di Finanza ha sequestrato ventimila euro ad una delle cooperative indagate. A settembre partirà il processo davanti al giudice monocratico Giuseppe Bosone della prima Sezione penale: nel collegio difensivo gli avvocati Roberto Picecchi, Gaetano Pastore, Costantino Cardiello, Valerio Di Nicola, Martino Melchionda. Questi potrebbero dimostrare che l’assistenza, seppur non garantita in presenza, sarebbe stata fornita mediante la Dad.