Dopo sette anni di tribolazioni giudiziarie, un’imprenditrice del Vallo di Diano può finalmente tirare un sospiro di sollievo.
La sua vicenda si è conclusa con la sentenza di appello della Corte dei Conti che ha chiuso il procedimento aperto su iniziativa della Regione Campania per la restituzione della somma di 106mila euro ricevuta dalla Regione come finanziamento pubblico collegato al Programma Sviluppo Rurale Campania 2007-2013.
L’iter giudiziario
Tutto è cominciato nel novembre del 2015, quando la Guardia di Finanza di Sala Consilina ha presentato una segnalazione di danno erariale sulla base di accertamenti compiuti sull’utilizzo dei finanziamenti pubblici erogati in base al P.S.R. Campania 2007-2013.
Secondo la Procura regionale della Corte dei Conti, l’imprenditrice, operante nel settore alberghiero, turistico e recettizio, sarebbe stata ammessa a un finanziamento di 118mila euro finalizzato al rinnovo delle attrezzature da utilizzare nell’impresa, contributo effettivamente erogato per complessivi 106mila euro. Tuttavia, l’accusa sostenne che la sovvenzione sarebbe stata utilizzata in modo irregolare e non conforme alle prescrizioni del disciplinare di concessione.
L’imprenditrice fu quindi prima sotto processo con l’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Erario, ma fu assolta nel 2020 dal Tribunale di Lagonegro per insufficienza di prove. Di conseguenza, la Corte dei Conti nel giudizio di primo grado aveva prosciolto l’imprenditrice dalla contestazione erariale.
Il ricorso in appello
La Procura Generale della Corte dei Conti, tuttavia, presentò ricorso in appello. I giudici contabili di secondo grado, tuttavia, respinsero la richiesta di condanna sulla base del fatto che la titolare dell’attività ricettiva, come emerso nel corso del processo penale, non aveva commesso alcuna truffa. Infatti, è stato dimostrato che tutte le fatture contestate erano state regolarmente pagate e le forniture erano state tutte destinate alla struttura beneficiaria del finanziamento.
I giudici hanno quindi ritenuto che non sia stata messa in atto alcuna truffa, poiché chi ha ricevuto i fondi “avrebbe ben potuto agire con altri e più agevoli espedienti, primo tra tutti quello di formare falsa documentazione – come innegabilmente comprovato dalla moltitudine dei casi che costellano la materia – senza, dunque, esporsi, col pagamento delle fatture, al rischio di non ricevere i beni acquistati”.
La sezione di appello della Corte dei Conti ha non solo respinto il ricorso, ma ha anche condannato la Regione Campania a pagare la somma di duemila euro per le spese legali sostenute dall’imprenditrice valdianese.