Sono circa cinque milioni gli Italiani che si trovano a lavorare o studiare in una regione differente rispetto a quella in cui risiedono, ma non possono votarvi. L’Italia è, infatti, oltre a Cipro e Malta, l’unico Paese europeo in cui non è riconosciuta ai cittadini la possibilità di votare al di fuori della propria regione di residenza. Il voto a distanza non è contemplato all’interno dei confini nazionali, motivo per cui spesso gli studenti o i lavoratori si trovano costretti a decidere se ritornare presso la propria residenza per votare, spesso con spese ingenti, oppure non esprimere il proprio voto.
Ciò diventa determinante, ne sono un esempio le elezioni politiche di settembre 2022, nell’affluenza ai seggi scoraggiando la partecipazione politica e l’esercizio di un diritto che dovrebbe essere garantito.
Le proposte
Per fronteggiare questo problema, dal 2018 ad oggi, sono state avanzate numerose proposte di legge che consentissero di riformare il sistema elettorale permettendo, almeno per le elezioni politiche, il voto a distanza. In accordo con la proposta, il voto potrebbe svolgersi secondo due modalità:
- Per i referendum: basterebbe recarsi nel seggio del luogo di domicilio, in quanto le schede sono uguali per tutti;
- Per le elezioni dei membri del Parlamento europeo, della Camera e del Senato: basterebbe un voto anticipato di 10-15 giorni, grazie al sistema SPID, sempre presso il comune di domicilio. In questo caso o in prefetture o tribunali istituiti appositamente per consentire di usufruire delle schede, differenti per ogni comune.
L’iter
L’ultima proposta, firmata in origine da Riccardo Magi, segretario di Più Europa, è nelle mani della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati. L’iter procedurale della proposta è ormai iniziato e si spera che venga approvata in tempi molto rapidi.
Secondo Isabella Piro, coordinatrice di La Spezia. «Far sì che possano votare gli elettori che vivono fuori sede vuol dire anche riavvicinare alla vita politica tanti italiani».