Castellabate, delitto Nowak. La verità del compagno: “Non avevo nessun motivo per ucciderla”

“Ci deve essere sempre un movente per compiere un delitto e in questo caso non c’è”

Di Manuel Chiariello

Sono ore concitate per risolvere il caso dell’omicidio di Silvia Nowak nella frazione Ogliastro Marina del Comune di Castellabate. Le indagini si sono concentrate sul compagno della vittima, Kai Dausel, che continua fermamente a dichiararsi innocente, nonostante la sua iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Vallo della Lucania.

Le sue parole

Il 62enne tedesco si è aperto alla RAI per la prima volta: “Ci deve essere sempre un movente per compiere un delitto e in questo caso non c’è. Era la mia compagna ad avere i soldi, io non ho niente e non avrei nessun vantaggio finanziario da tutto questo”.

Il connazionale della Nowak racconta anche il tipo di rapporto che aveva con Silvia: “Stavamo insieme da 8 anni, ma avevamo perso entrambi l’interesse nell’intimità e anche lei non voleva più avere storie con altri uomini”.

Kai, poi, si sofferma sulle accuse nei suoi confronti: “Non provo più niente. Non può succedermi nulla di peggio. Voglio solo che la Procura continui ad indagare per scoprire il vero assassino di Silvia”.

Il movente

Kai Dausel ripercorre anche gli ultimi momenti di quel martedì 15 ottobre, giorno della scomparsa di Silvia:“È vero che siamo stati con dei nostri amici, abbiamo pranzato e dopo le ore 15 mi sono addormentato nel camper come faccio tutti i giorni. Non mi sono mai addormentato sulla sedia come si racconta. Da li a poco ho sentito abbaiare il mio cane e mi sono accorto che qualcosa che non andava. Lei era assente da casa da più di mezz’ora e aveva lasciato tutto nell’abitazione. Mi sono preoccupato per questo”.

Infine, il compagno di Silvia spiega anche il dubbio sull’esistenza della telecamera di video sorveglianza che avrebbe dovuto riprenderlo dormire in quegli istanti: “Ero convinto che la telecamera che ha ripreso SIlvia, avesse puntato anche me. Ma questo non è avvenuto. Da li ho capito di non avere un’alibi, ma a me non serve averne uno”.

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