Il Tribunale del Riesame di Salerno ha confermato nelle scorse settimane le misure cautelari nei confronti di Franco Alfieri, sindaco sospeso di Capaccio Paestum e presidente della Provincia di Salerno, e di altri indagati nell’ambito dell’inchiesta su presunti appalti truccati e corruzione. Ora sono state pubblicate le motivazioni della decisione.
Un sistema consolidato
Secondo i giudici del Riesame, le indagini hanno dimostrato l’esistenza di un “articolato e robusto sistema criminale” all’interno del quale gli indagati avrebbero agito in modo coordinato per favorire determinate imprese nell’aggiudicazione degli appalti.
Le motivazioni della decisione
Le motivazioni della decisione sottolineano la “persistente e concorde volontà” degli indagati di mantenere i propri ruoli all’interno del sistema, nonostante le indagini in corso. In particolare, il fatto che Alfieri non abbia rassegnato le dimissioni da sindaco e presidente della Provincia è stato considerato un chiaro segnale della sua volontà di mantenere il controllo sulle attività illecite.
Le dichiarazioni di Alfieri
Durante l’interrogatorio di garanzia, Alfieri ha negato ogni accusa, sostenendo di essere vittima di un complotto. Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha ritenuto le sue dichiarazioni poco credibili, sottolineando in particolare la sua ammissione di aver falsificato un documento per ottenere un finanziamento regionale.
Per Alfieri è stata disposta la misura degli arresti domiciliari, con il divieto di comunicare con l’esterno. Anche gli altri indagati sono stati sottoposti a misure cautelari,
Le indagini proseguono
Le indagini sull’affare Alfieri sono ancora in corso. La Procura di Salerno sta approfondendo il ruolo degli altri indagati e sta valutando l’esistenza di ulteriori episodi illeciti. In particolare il focus è puntato sugli appalti per Fondovalle Calore e Aversana. Per sette indagati ulteriore filone (oltre a Franco Alfieri anche lo staffista Andrea Campanile, il consigliere regionale Luca Cascone, il funzionario provinciale Michele Lizio, i funzionari del comune di Capaccio Paestum Giovanni Vito Bello e Federica Turi, l’imprenditore Nicola Aulisio), contestata anche l’associazione a delinquere.