Alla scoperta di antiche tradizioni: nel Cilento rivive “Quarajesema” la vedova di Carnevale

La manifestazione “Carneluvaro mio surundo surundo…” si è conclusa, ma a Cosentini di Montecorice l’usanza della Quarajesema continua ad essere praticata

Di Elena Matarazzo

La manifestazione “Carneluvaro mio surundo surundo…” si è conclusa, ma a Cosentini di Montecorice l’usanza della Quarajesema continua ad essere praticata. Si tratta di una tradizione che prevede la costruzione di una bambola con le sembianze di una vecchia, realizzata in stoffa, che viene appesa tra due terrazze il Mercoledì delle Ceneri.

Anche quest’anno, l’Associazione Euphòria ha deciso di riportare in vita questa tradizione, vestendo la Quarajesema di nero e facendola impersonare la vedova di Carnevale. Sulla parte posteriore della bambola viene infilzata un’arancia sulla quale sono appese sette penne di gallina: ogni domenica una penna viene tolta.

L’antica tradizione

Una tradizione che risale almeno agli anni ’40 del Novecento, a Cosentini, ma che rivive oggi nella
sua interezza, dopo anni in cui parte della manifestazione era stata quasi dimenticata. Con una
complessa operazione di recupero della memoria e ricostruzione di quanto perduto – in particolare
la Ballata di Zeza – l’Associazione Euphòria ha riportato in vita il Carnevale cosentinese nella sua
completezza, grazie alle voci degli anziani che ancora ne avevano memoria. Tre i momenti principali del carnevale: la mascherata per le vie del paese, la Ballata di Zeza e la
tarantella, e, solo nel giorno di Martedì Grasso, il falò. Il momento culmine è rappresentato dalla
Ballata, la divertente messa in scena di un matrimonio ostacolato, quello tra Vicenzella, figlia di
Pulcinella e Zeza, e Zi’ Ron Nicola, suo spasimante.

La Quarajesema

Il Mercoledì Santo la Quarajesema viene rimossa e il giorno successivo viene bruciata insieme alla legna per preparare il forno nel quale verranno cotti il pane, le pastiere e la pizza chiena.

In sostanza, la Quarajesema funge da calendario, scandendo le settimane che dal Mercoledì delle Ceneri conducono alla Pasqua. Alcune strofe di vecchie canzoni popolari ricordano i caratteri attribuiti alla Quarajesema, che gli anziani che abitano il borgo ancora ricordano.

La filastrocca

Quarajesema cuossi storta

ja giranno p’ into l’orta

Se jettào pe nu muro

E se ruppette l’uosso ru culo

Quarajesema cuossi storta

ja arrubbanno menestra a l’orta

La ‘ncuntrao Carneluvaro

E ‘a pigliao cu nu palo

Quarajesema cuossi storta

a lu spitale se ne jette

e ‘ncapo re quaranta juorni

accussì edda fernette

Quarajesema cuossi storta

vaje cuglienno le foglie pe l’orta

Si te ‘ngappa lu patrone

te ‘nge roppe u purruzzone

Si te ‘ngappa la mugliera

te ‘nge roppe ‘a tabbacchera.

Pasjcarella vieni currenno

Ca le bbecchie vano carenno

le giuvani pe s’apparà

e le bbecchie pe cammarà.

(Foto: Pagina Facebook, Associazione Euphória)

Condividi questo articolo
Exit mobile version