Agropoli, morte Carlo Vitolo: « si ritiene che la morte origini dal sovradosaggio di farmaci»

Mancano le condizioni per condannare un singolo medico ma giudice conferma possibile correlazione con sovradosaggio di farmaci

Di Ernesto Rocco

Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con la quale il giudice Filippo Lombardi ha assolto il dottore Carlo Mazza, uno medici che ebbe in cura Carlo Vitolo, 40 anni di Agropoli, deceduto durante il ricovero nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Sant’Arsenio. Carlo Vitolo morì per un arresto cardiocircolatorio causato, stando alle accuse, da una intossicazione da farmaci.
I legali della famiglia hanno portato avanti la tesi secondo cui al 40enne sarebbero stati somministrati dei farmaci in dosi di gran lunga superiori al range terapeutico. Per un farmaco, addirittura, la dose somministrata in base a quanto emerso dalle indagini sarebbe superiore di ben 20 volte al limite previsto.

Le accuse e la sentenza di assoluzione

Sul registro degli indagati erano finite inizialmente 16 persone, 4 medici e 12 infermieri in servizio presso il nosocomio valdianese. Nei loro confronti l’ipotesi di reato avanzata dalla Procura della Repubblica era quella di omicidio colposo in concorso.

Nei confronti di Mazza la sentenza di assoluzione è arrivata nel giugno scorso ed ora sono state pubblicate le motivazioni che per la famiglia hanno un significato rilevante.

Pur non riconoscendo colpevoli il giudice Filippo Lombardi ha evidenziato la possibile correlazione tra il decesso e il sovradosaggio di farmaci: «l’unico dato certo è che i principi attivi erano presenti nei campioni biologici prelevati dopo la morte in una dose superiore a quella terapeutica, con impossibilità di indicare il grado di discostamento e il loro valore reale» si legge nel dispositivo.

Il magistrato precisa: «si ritiene che la morte origini dal sovradosaggio; essa costituisce, la condizione più sostenibile in assenza di fattori alternativi che ragionevolmente possano aver causato la morte, come precondizioni patologiche e problematiche legate alla capacità di metabolizzazione dei farmaci». E ancora: «è risultato debitamente provato che la morte si è verificata per arresto cardiaco improvviso, effetto che può dipendere dal sovradosaggio di farmaci ad uso psichiatrico». Ciò anche in considerazione del fatto che non vi sarebbero spiegazioni alternative razionali.

Insomma dalla sentenza emergerebbe una responsabilità dell’intera struttura sanitaria ma l’assenza di elementi per la condanna di un singolo medico.

Il commento della famiglia

«La sentenza dice chiaramente che Carlo è entrato sano (ovvero privo di altre patologie), quindi “non è morto durante il ricovero ma purtroppo è morto a causa del ricovero», spiega Francesco Barone, insieme all’avvocato Lo Schiavo, legale della famiglia di Carlo Vitolo nel procedimento nei confronti dell’Asl.

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