Monitoraggio e raccolta di plastiche in mare con un drone e un robot marino. Si chiama “Litter Hunter” il progetto sul marine litter salito per la prima volta stamane a bordo della Goletta Verde al largo di Scario (Salerno) per una sperimentazione nel campo del monitoraggio dei rifiuti galleggianti. L’imbarcazione ambientalista di Legambiente navigherà fino al 6 agosto le acque della Campania, dodicesima regione del tour in difesa delle coste italiane.
“Litter Hunter” è un progetto innovativo della start up campana Green Tech Solution. In estrema sintesi, un drone si alza in volo, individua plastiche presenti in mare, per poi trasmettere la segnalazione a un robot marino, che raggiunge il materiale da rimuovere.
Il processo è dunque composto da tre unità fondamentali operanti in ambienti differenti: il rilevamento aereo, il recupero marino e il coordinamento terrestre. Il rilevamento aereo, l’attività svolta stamane a bordo della Goletta Verde, individua grazie ad un drone gli oggetti che galleggiano (rifiuti, natanti, bagnanti) garantendo una copertura spaziale più ampia di quella a vista.
Un filtro dell’ampiezza di tre metri, applicato al robot marino, raccoglierà poi tutta la plastica che incontrerà, rilasciandola nel punto prestabilito. L’utilizzo in un’area limitata di droni aerei e natanti per l’identificazione e il recupero della plastica galleggiante può quindi contribuire a rafforzare sensibilmente il sistema di salvaguardia ambientale marina.
“Oggi il marine litter è una delle due più gravi emergenze ambientali globali insieme ai cambiamenti climatici, poiché mette a rischio la biodiversità marina e la salute dell’uomo – commenta Davide Sabbadin, portavoce di Goletta Verde – Negli ultimi anni Legambiente si è concentrata sullo studio delle plastiche spiaggiate e galleggianti per capire la natura del problema e valutare la provenienza stessa del rifiuto.
“Le tante cose fatte nel nostro Paese, seppure encomiabili, non sono sufficienti e occorre andare oltre alla normativa: è necessario promuovere l’innovazione e la ricerca nell’ottica dell’economia circolare, così come stimolare l’industria e le aziende a farsi carico di questa emergenza; aumentare la qualità della raccolta differenziata e del riciclo, e agevolare l’apertura del mercato dei materiali di seconda vita”, afferma Sabbadin.
Secondo i dati dell’indagine Beach Litter 2019 di Legambiente Campania, l’83% dei rifiuti rinvenuti sulle 29 spiagge monitorate, pari a circa 170.150 mq, è costituita da plastica, una percentuale maggiore rispetto alla media nazionale (81%). Sono stati trovati una media di 647 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia per un totale complessivo di 18.744 i rifiuti.
Si tratta di rifiuti spiaggiati gettati consapevolmente arrivati da chissà dove attraverso i fiumi o che provengono direttamente dagli scarichi non depurati, dall’abitudine di utilizzare i wc come una pattumiera e, soprattutto, dalla loro cattiva gestione.
Ai primi posti della top ten dei rifiuti più trovati mozziconi di sigarette (ben 126 ogni 100m) e pezzi di plastica e polistirolo, ma anche tappi e coperchi di bevande e cotton fioc (il 7,8% di tutti i rifiuti monitorati). Questi ultimi, in particolare, sono il simbolo per eccellenza di maladepurazione e della cattiva abitudine di buttarli nel wc (da ricordare che in Italia, anche grazie alla denuncia di Legambiente, sono stati messi al bando dal primo gennaio 2019 in favore di alternative biodegradabili e compostabili). E non manca l’usa e getta di plastica, che se disperso nell’ambiente rappresenta uno dei principali nemici del nostro mare: ogni 100 metri di spiaggia si trovano 30 stoviglie (piatti, bicchieri, posate e cannucce) e 43 bottiglie di plastica.
Non è un caso che la recente direttiva Europea sul monouso di plastica prenda in esame proprio le 11 tipologie di rifiuti più diffusi sulle spiagge europee per imporre agli Stati membri entro il 2021 misure di prevenzione, dai bandi, ai target di riduzione, all’introduzione dei regimi di responsabilità del produttore, misure di sensibilizzazione finanche alla revisione dell’etichettatura. La cattiva gestione dei rifiuti urbani è la causa principale della presenza dei rifiuti (85%), insieme alla “carenza dei sistemi depurativi”, responsabile del 9% degli oggetti ritrovati (la media nazionale si attesta sul 8%). Le attività da pesca e acquacoltura sono i settori responsabili del 6% degli oggetti monitorati, (la media nazionale si attesta al 7%): reti, lenze, scatoline delle esche, non solo pesca professionale ma anche amatoriale.
L’indagine di Legambiente (realizzata per il sesto anno consecutivo nei mesi di aprile e maggio), è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science sul tema dei rifiuti spiaggiati, il risultato cioè di un monitoraggio eseguito direttamente dai volontari dei circoli dell’associazione, che setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti secondo un protocollo scientifico riconosciuto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono inviati i dati dell’indagine. L’indagine rientra nel progetto di citizen science di Legambiente Volontari per Natura.