Mentre il numero delle mostre realizzate in Italia supera quota 10mila all’anno, il Parco Archeologico di Paestum investe nella valorizzazione delle proprie collezioni – anche quelle conservate in deposito. Gli stessi depositi diventano un’esperienza culturale dal momento che il direttore Gabriel Zuchtriegel ha deciso di renderli accessibili così come sono, cioè come luoghi dove si svolge il lavoro dietro le quinte del museo: ricerche, restauri, conservazione. I depositi del Museo Archeologico Nazionale di Paestum, che si possono visitare ogni pomeriggio escluso il lunedì, non sono per nulla musealizzati, ma accolgono lo stesso i visitatori: “Credo che il fascino sia proprio quello – spiega il direttore – di poter vedere uno spazio lavorativo autentico, con tanto di polvere, cassette con ossa e frammenti, e a volte persino archeologi e restauratori al lavoro”.
Alla base, come fa sapere Zuchtriegel, c’è però un ragionamento più profondo che ha spinto l’amministrazione a puntare sull’ampliamento dell’offerta museale con i depositi anziché sullo strumento consueto delle mostre. “Le mostre sono come dei mutui, sono cultura che vive di prestiti, letteralmente e metaforicamente. I prestiti, però, li fa chi ritiene di non avere sufficienti risorse proprie. Dietro c’è l’aspettativa di un recupero, di una crescita, la quale, per essere mantenuta, ha bisogno di altre mostre, altri prestiti. Il visitatore o la visitatrice che vedono una grandiosa mostra in un museo, quando tornano vorranno vederne una altrettanto grandiosa. Le mostre sono le bolle finanziarie della cultura, e quando scoppiano spesso non resta nulla. Paestum invece, come tanti altri musei italiani, ha un patrimonio enorme di oggetti da mostrare e di storie da raccontare, al di là delle mostre. Per questo abbiamo deciso di fare dei depositi una parte stabile della visita di tutti i giorni: quello che vedete lì dentro è un pezzo autentico della storia di Paestum e degli scavi che da cento anni si svolgono qui”.
Del resto l’importanza dei musei come espressioni locali di un territorio, piuttosto che come grandi collezioni e ‘mostrifici’, fu intuita già nel lontano 1927 da D.H. Lawrence che, a proposito del museo di Tarquinia – un altro museo di sito come quello di Paestum – osservava: ‘Se solo lo si volesse capire e non strappare le cose dai loro posti. I musei comunque sono sbagliati. Ma se proprio devono esserci musei, che almeno siano piccoli e, soprattutto, locali’.
“Il percorso di visita ai depositi del Museo di Paestum, che Archeostorie ha collaborato a ideare – dichiara Cinzia Dal Maso – è un’immersione nella vita vera del museo. Il visitatore entra realmente in contatto con il duro lavoro quotidiano che mantiene in vita la macchina museale, ne percepisce gioie e fatiche. Gli Assistenti alla vigilanza, poi, che guidano il visitatore e che noi di Archeostorie abbiamo formato, sono un valore aggiunto; la loro curiosità e il loro entusiasmo sono veramente contagiosi”.
Intanto il successo del cambiamento di rotta del Parco Archeologico è testimoniato dai numerosi commenti che i visitatori hanno lasciato, “abbiamo apprezzato moltissimo la possibilità di vedere materiali non esposti che ci hanno fatto capire e amare di più anche il resto dell’esposizione museale”; inoltre “la visita ai depositi è uno spettacolo spettacolare” e “l’iniziativa di aprire i sotterranei per le visite è un’idea che tutti musei dovrebbero copiare”.
A rendere particolarmente orgogliosa la direzione del Parco Archeologico sono due aspetti: “I visitatori vengono accompagnati dai nostri Assistenti alla fruizione, noti impropriamente anche come ‘custodi’, che così hanno dimostrato che possono fare molto di più rispetto alla mera vigilanza, grazie a una forte motivazione e a una formazione costante e completa per la crescita professionale di tutti. Un secondo punto importante è l’inclusione: non solo i depositi sono percorribili anche in sedia a rotelle, ma, insieme all’associazione Cilento4all e all’Università ‘Parthenope’ di Napoli, abbiamo anche implementato un progetto dal titolo ‘Un tuffo nel blu’ che si rivolge a ragazze e ragazzi con autismo. Nei depositi entrano veramente tutti, è finito il periodo in cui accedevano solo gli addetti ai lavori, anche perché non abbiamo nulla da nascondere”.