La questione dell’ospedale di Agropoli è un vero e proprio guazzabuglio. Da un lato ci sono le legittime speranze dei cittadini che chiedono a gran voce il reinserimento della struttura nella rete dell’emergenza, dall’altro un piano ospedaliero che conferma il nosocomio di Agropoli come pronto soccorso di zona disagiata con venti posti letto di medicina generale e una serie di servizi. Questi saranno potenziati nei prossimi giorni grazie all’arrivo di nuovi fondi (leggi qui) che permetteranno assunzioni ed estensione delle attività già in essere; inoltre verranno attivate le sale operatorie che garantiranno piccoli interventi.
Di fatto, però, l’ospedale di Agropoli resta fuori dalla rete dell’emergenza, le ambulanze continueranno a trasferire i pazienti a Vallo della Lucania, Eboli o Battipaglia. Certo non si poteva ottenere tutto subito: ricordiamo che il nosocomio fu chiuso e privato di tutto negli anni scorsi, per questo fa bene il sindaco Adamo Coppola a predicare calma sottolineando la necessità di fare piccoli passi per vedere restituita una struttura sanitaria al territorio. Ma la sua amministrazione non fa una bella figura se si considera che restava in silenzio mentre la Regione approvava il piano ospedaliero, ma soprattutto che la vicina Castellabate ha dimostrato di essere molto più concreta: il sindaco Costabile Spinelli, infatti, ha annunciato ricorso al Tar proprio contro il piano ospedaliero. Insomma una scesa in campo decisa in favore dell’ospedale di Agropoli, quello che ci si aspettava dalla giunta agropolese che ormai sulla questione del presidio ospedaliero sembra aver perso di credibilità.
Gli annunci festanti di nuovi fondi e potenziamento della struttura, infatti, sono stati accolti con molta freddezza dai cittadini. In pochi credono che l’ospedale abbia davvero un futuro, o almeno quel futuro che la città e il comprensorio vorrebbero. Ed è proprio questo ciò che vi chiediamo: dato per scontato che il territorio abbia bisogno di una struttura sanitaria, l’ospedale di Agropoli potrà mai riaprire e rientrare nella rete dell’emergenza?