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Prezzo petrolio, Brent fino a 65 dollari al barile

Il petrolio Brent ha raggiunto i 65 dollari al barile poche ore fa, proprio mentre l'Arabia Saudita e il resto dell'OPEC dovrebbero confermare la propria volontà di attenersi ai tagli di produzione già deliberati, nonostante la rinnovata pressione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Redazione Infocilento

4 Marzo 2019

Il petrolio Brent ha raggiunto i 65 dollari al barile poche ore fa, proprio mentre l’Arabia Saudita e il resto dell’OPEC dovrebbero confermare la propria volontà di attenersi ai tagli di produzione già deliberati, nonostante la rinnovata pressione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Ricordiamo che nella giornata di lunedì i prezzi sono scesi dopo che Trump ha invitato l’OPEC a facilitare i suoi sforzi per rilanciare il mercato del petrolio. I prezzi – ha dichiarato il presidente dell’amministrazione a stelle e strisce – stavano semplicemente “diventando troppo alti”. Dichiarazioni che tuttavia non sembrano aver scalfito la strategia dell’OPEC, fermamente convinta a mantenere invariati i propri tagli di produzione petrolifera e, dunque, rispettare i piani a suo tempo concordati al proprio interno.

A metà giornata, il greggio Brent, il benchmark globale, è così salito di 24 centesimi a 65,00 dollari, dopo aver perso il 3,5% lunedì. Il greggio West Texas Intermediate, punto di riferimento del prezzo del petrolio negli Stati Uniti, ha invece ceduto 7 centesimi a 55,41 dollari.

Peraltro, le aspettative secondo cui le scorte di greggio degli Stati Uniti fossero aumentate per la sesta settimana consecutiva ha rappresentato un altro elemento in grado di limitare il rally di mercato. Gli stock di greggio degli Stati Uniti sono stati visti aumentare di 3,6 milioni di barili all’interno delle note dei consueti report settimanali di inventario, sottolineando che l’offerta è adeguata per le strategie del primo consumatore mondiale.

Dall’inizio dell’anno, le quotazioni del petrolio sono aumentate generalmente di circa il 20%, spinte dalle decisioni dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e di altri produttori estranei al cartello, come la Russia, che hanno iniziato a tagliare la produzione nel tentativo di ridurre un eccesso globale di offerta.

Sulla base di quanto sopra affermato è molto probabile che l’Arabia Saudita e gli altri membri dell’OPEC saranno probabilmente piuttosto cauti riguardo al rilassamento del loro piano di taglio dell’offerta. Le parti hanno d’altronde ben in mente quel che avvenne nella seconda metà dello scorso anno, prima delle sanzioni statunitensi sull’Iran, quando un allentamento della strategia portò ad un forte calo dei prezzi.

Secondo gli analisti citati da WebEconomia, insomma, il regno saudita dovrebbe “Il regno dovrebbe mantenere stabile la produzione, perché se così non facesse, e tornasse indietro sui suoi passi appena due settimane dopo aver annunciato la propria intenzione, darebbe un brutto segnale al mercato.

Naturalmente, a spingere verso l’alto il prezzo del petrolio ha contribuito anche l’ondata di sanzioni degli Stati Uniti contro i membri dell’OPEC Iran e Venezuela: un approccio che ha permesso di fornire una solida base per i prezzi, nel breve e nel medio termine. Ancora, ha giocato un ruolo sicuramente favorevole in tal senso l’ottimismo su un possibile accordo commerciale USA – Cina. Ricordiamo che appena nella giornata di ieri il presidente USA Trump ha affermato che potrebbe presto firmare un accordo per porre fine alle tensioni commerciali con il presidente cinese Xi Jinping se i Paesi riusciranno a colmare le differenze rimanenti.

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