La prescrizione è un istituto giuridico che prevede l’estinzione del reato trascorso un determinato periodo di tempo senza che lo Stato si sia attivato per trovare il colpevole. Esiste non solo in Italia ma anche all’estero. L’ultima modifica è del 2005, quando la legge ex Cirielli cancellò il sistema degli scaglioni (per esempio prescrizione di 15 anni per i reati fino a 10 anni di pena) per introdurre una nuova regola base: la prescrizione, fatte salve proroghe e casi particolari, è pari al massimo della pena che il giudice può infliggere (per esempio il furto in casa, sanzionato al massimo con 6 anni di carcere, si prescrive in 6 anni). Oggi, però, la prescrizione sta facendo di nuovo discutere il Parlamento e in particolare gli alleati di Governo Lega e Movimento 5 Stelle.
Quest’ultimo, con un emendamento al disegno di legge anticorruzione, in discussione alla Camera, propone di escludere di fatto la prescrizione per qualsiasi tipo di reato dopo la sentenza di primo grado, di condanna o di assoluzione.
Ma quanto pesa oggi la prescrizione?
Stando ai dati del Ministero della Giustizia (aggiornati al 2014 ma comunque indicativi), su 100 procedimenti penali avviati, ben 9,5 si prescrivono: fra questi, 5,7 nella fase delle indagini preliminari e 3,8 nel corso dei tre gradi di giudizio. Per quale ragione? Perché passa troppo tempo dal momento in cui sono avviati. Il nostro Codice Penale, all’articolo 157, prevede che lo Stato debba smettere di perseguire gli autori di reati una volta trascorso un certo lasso di tempo, che varia in relazione al delitto commesso e alla relativa pena massima. Teoricamente, questa norma è stata introdotta per evitare uno spreco di costi. Più passa il tempo, infatti, e più le risorse necessarie per perseguire i colpevoli aumentano. Parallelamente, con il trascorrere dei mesi il reato commesso perde di rilevanza sociale. Fra l’altro, più le tempistiche si allungano e più diventa difficile trovare le prove.
I problemi maggiori sono determinati dalla lentezza della giustizia: il rallentamento maggiore si verifica nel secondo dei tre gradi di giudizio (tribunali di appello), dove la media di “stazionamento” è di 865 giorni. La conferma arriva anche dai dati della Cassazione (che sono riferiti al 2017), secondo cui nei tribunali di appello l’incidenza delle prescrizioni sfiora il 24%: significa che a questo livello, un reato su quattro cade in prescrizione.
Se guardiamo ai singoli tribunali, quello maggiormente avvezzo alle prescrizioni è il tribunale di Tempio Pausania (Sardegna), dove il 51,1% dei procedimenti cade in prescrizione. Il Cilento c’è in questa poco gradita classifica: Vallo della Lucania infatti, è al secondo posto, con il 41% dei procedimenti prescritti. Per la cronaca chiude il podio Spoleto (33,1%).
In generale, comunque, tra il 2004 e il 2014 le prescrizioni si sono ridotte del 40%. Si è passati da 213 mila procedimenti estinti a circa 132 mila.