Nel 2015 aveva lanciato una petizione diretta a Paolo Gentiloni
Da Omignano a New York per parlare della sua idea. È la bella storia di Luca Lucibello , studente cilentano di appena 18 anni e mezzo che nel 2015 assiste impotente agli sbarchi di migranti, alle tragedie del mare, rimane sbigottito guardando le immagini di corpi senza vita che galleggiano sull’acqua, bambini morti sulle spiagge. Decide che deve fare qualcosa e inizia a pensare ad un modo per far sì che tutto ciò finisca. Col suo pc, nella sua cameretta da adolescente, lancia una petizione su Change.org il sito più diffuso al mondo per questo genere di iniziative. Il destinatario è Paolo Gentiloni , oggi presidente del Consiglio e all’epoca dei fatti ministro degli affari esteri, ma Luca si rivolge anche a tutti i potenti del mondo.
Nella petizione Luca espone la sua idea e chiede ai destinatari di prenderla in considerazione. «I centri di accoglienza e i campi profughi sono dei veri e propri lager – scrive il giovane luoghi in cui la dignità umana è assente e che riportano alla memoria pagine della nostra storia che dovrebbero essere per sempre relegate nel passato. Si dovrebbero invece costruire delle “bolle di sicurezza”, delle “oasi della speranza”, in punti sicuri dei loro territori in modo che questi disperati non siano costretti a fuggire dal proprio Paese. Questi luoghi – continua Lucibello – dovranno essere tutelati dall’Onu, dovranno garantire ai rifugiati uno stile di vita dignitoso, con un lavoro, assistenza sociale, la possibilità di studiare».
Il giovane tiene però a sottolineare una questione: «Non è un’idea che può essere riassunta col semplicistico “aiutiamoli a casa loro”, tanto in voga tra alcuni politici di oggi, ma si tratta di creare dei presupposti affinché questa gente possa rimanere nel loro Paese e non debba tentare un viaggio della speranza dal quale difficilmente
uscirà viva». Il progetto di Luca per un periodo è rimasto quasi nell’ombra finché qualche settimana fa la svolta: dalle Nazioni Unite arriva per lui l’invito a partecipare all’evento internazionale Change The World di New York, che si terrà all’Onu. «È un’emozione incredibile – dice – esporre il mio progetto davanti ai potenti del mondo è un qualcosa che gratifica e emoziona. Ce la metterò tutta – assicura – è dovere di ognuno di noi fare qualcosa. Abbiamo il dovere civile e umano di non restare a guardare».