Il venticinquenne uccise Marco Borrelli con un fendente al collo
AGROPOLI. Questa mattina doveva esserci il processo per Mrabet Nezar, il 25enne italo-marocchino, reo confesso dell’omicidio di Marco Borrelli, il 20enne di Agropoli ucciso con una coltellata e lasciato a terra a margine della strada che conduce al parco “Le Ginestre”. Tutto però è stato rinviato a marzo.
Il fatto accadde il 6 aprile scorso e fu un passante a rinvenire il cadavere e a far scattare l’allarme. Dopo una rapidissima indagine, i carabinieri della compagnia di Agropoli arrestarono il colpevole, Mrabet, attualmente rinchiuso nel carcere di Bellizzi Irpino. Per lui, l’accusa è di omicidio volontario premeditato con l’aggravante della recidiva. La pena sarà, con tutta probabilità, l’ergastolo, dal momento che sul suo capo pendono già accuse precedenti per sequestro di persone e tentata estorsione. Il legale del 25enne, l’avvocato Antonio Mondelli, ha chiesto per lui il rito abbreviato.
La famiglia di Borrelli, rappresentata dagli avvocati Franco e Damiano Cardiello, si è costituita parte civile.
L’omicidio del giovane scosse l’intera comunità che, nei giorni successivi all’accaduto, organizzò anche una fiaccolata. La dinamica del fatto apparve subito chiara: vittima e assassino si erano dati appuntamento alla Chiesa del Sacro Cuore per chiarirsi. Mrabet Nezar, infatti, non aveva accettato la separazione dalla sua ex, né che la donna avesse una relazione con Marco Borrelli. I due giovani, parlando, iniziarono a camminare, imboccando la strada parallela al lungomare San Marco.
Il ventenne di Agropoli non avrebbe mai immaginato ciò che, di lì a poco, sarebbe accaduto.
Nei pressi del parco ” Le Ginestre” si consumò l’efferato delitto: il 25enne tirò fuori un coltello e colpì Borrelli con un fendente al collo. I familiari, non vedendolo tornare a casa, fecero scattare l’allarme, preoccupati da alcuni messaggi inviati dal cellulare di Marco che, nonostante le telefonate, continuò a risultare non raggiungibile. Si seppe, grazie alle indagini, che, dopo averlo spento, Nezar lo aveva gettato in un cestino sul lungomare, dove venne, poi, ritrovato dai carabinieri.