A ritrovarli sono stati i proprietari
ROSCIGNO. Trovati morti un cane ed una gatta domestici. Potrebbero essere stati avvelenati.
In meno di 24h due animali sono stati trovati senza vita dai rispettivi proprietari.
Le sostanze più comunemente utilizzate per avvelenare gli animali sono la stricnina, i topicidi, i fungicidi, l’acaricidi o gli insetticidi. Tutte sostanze che agiscono in maniera differente, ma che comportano, nei casi di maggior gravità, alla morte dell’animale.
Il nostro ordinamento punisce l’uccisione e il maltrattamento degli animali con pene ben precise. In base all’art. 544-bis del nostro codice penale “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi”, mentre nel caso di maltrattamenti di animali, l’art. 544-ter del codice penale sancisce che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se (…) deriva la morte dell’animale”.
Non è soltanto il codice penale ad occuparsi della tutela degli animali. Anche la Legge sulla caccia (Legge 157/92 art. 21) vieta espressamente di diffondere veleni e punisce il trasgressore con un’ammenda fino a 1549,37 euro. Il Testo Unico delle Leggi Sanitarie, oltre a un’ammenda da 51,65 euro fino a 516,46 euro, prevede da sei mesi a tre anni di reclusione. L’anno scorso, poi, il Ministero della Salute ha prorogato l’Ordinanza concernente le norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o bocconi avvelenati (Ordinanza del gennaio 2014 – GU Serie Generale n.51 del 3-3-2014), indice di un’attenzione sempre presente nel nostro ordinamento alla riduzione di azioni rivolte contro gli animali.
Il pericolo dell’avvelenamento non è solo rivolto nei confronti degli animali, poiché lasciare liberamente esche e bocconi avvelenati nelle campagne, nei boschi o sugli angoli delle strade mette in serio pericolo anche la vita dell’uomo e soprattutto dei bambini che, più degli adulti, potrebbero entrare in contatto con le sostanze altamente tossiche disseminate. Per questo il nostro ordinamento, oltre a punire gli atti di avvelenamento, sottolinea l’importanza di denunciare la scoperta di esche o cibo avvelenato o i casi di avvelenamento di animali di cui si è testimoni, sia come proprietari che non. La denuncia va fatta anche se l’avvelenamento non ha causato la morte dell’animale o in caso della semplice minaccia di avvelenamento.
Oltre che a sottolineare l’importanza della denuncia per contenere gli atti contro gli animali, la legge prevede per il solo proprietario o responsabile di un animale l’obbligo di denuncia alle autorità tramite il medico veterinario che emette la diagnosi di avvelenamento. Le spoglie dell’animale avvelenato saranno poi trasferite all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale competente per territorio, che dovrà eseguire l’esame necroscopico per risalire alla causa precisa della morte e al tipo di sostanza tossica utilizzata.
Anche se l’obbligo di denuncia è riferito al proprietario o al responsabile di un animale, la segnalazione è un dovere civile anche per tutti gli altri testimoni di atti di avvelenamento di animali domestici, randagi o selvatici che siano, poiché esche e bocconi avvelenati, oltre a rappresentare un atto incivile nei confronti degli animali rappresentano un serio pericolo per l’uomo stesso.