Alla ricerca di mondi lontani e perduti
Negli ultimi 20 anni, gli astronomi hanno appassionato il grande pubblico con la scoperta di più di 2000 pianeti orbitanti intorno a stelle lontane. Questi hanno confermato che il nostro Sistema Solare, con i suoi 8 pianeti, dal piccolo Mercurio al gigante Giove, non è un caso isolato nell’Universo.
La maggioranza di questi pianeti è stata trovata nelle immediate vicinanze della loro stella, e completano la loro orbita nel giro di giorni o addirittura poche ore. Molto più difficile è trovare pianeti lontani dalla loro stella, come il nostro Giove o Saturno. La tecnica del microlensing, basata sull’effetto lente gravitazionale predetto da Einstein con la teoria della Relatività, promette di trovare questi pianeti grazie alla loro gravità. Si tratta di vedere l’effetto di amplificazione che questi sistemi planetari esercitano sulle stelle di fondo che si trovano al di là di essi. Per poter vedere l’effetto di microlensing, però, è necessario un allineamento quasi perfetto tra il sistema planetario e una di queste stelle di fondo. Pur essendo gli eventi di microlensing così rari, le campagne osservative effettuate da diversi telescopi dislocati in tutto il globo ne trovano ogni anno alcune migliaia, ma solo in pochissimi di essi si riesce a rivelare l’esistenza di pianeti intorno alle stelle-lenti.
Il satellite Kepler della NASA, impiegato per anni nella ricerca di pianeti con il metodo dei transiti, è stato riprogrammato per svolgere campagne mirate su diversi campi stellari situati lungo l’eclittica. Questa nuova fase è stata denominata K2. La campagna 9, (in breve K2-C9) è dedicata alla ricerca di eventi di microlensing osservando il centro della Galassia. Attraverso l’osservazione continua ad altissima precisione, sarà possibile trovare centinaia di eventi e caratterizzare pianeti come non si è mai riusciti prima. Si potrà, così, chiarire anche uno dei misteri più affascinanti aperti dal microlensing: l’esistenza di pianeti vaganti senza stelle. Questi mondi perduti senza luce possono essere trovati solo per il loro campo gravitazionale e, quindi, il microlensing è l’unica speranza per poter dire quanti siano e da dove vengano.
L’Università di Salerno è l’unica istituzione italiana impegnata in questa campagna, grazie al gruppo di Astrofisica diretto dal Dott. Valerio Bozza, del Dipartimento di Fisica “E.R. Caianiello”.
Come riportato nel “White Paper” che illustra la strategia della campagna (http://arxiv.org/abs/1512.09142) il gruppo di Salerno è responsabile per l’interpretazione in tempo reale dei dati provenienti dagli osservatori terrestri, che supporteranno la campagna di Kepler, grazie al software sviluppato in questi anni (http://www.fisica.unisa.it/GravitationAstrophysics/RTModel.htm). Inoltre, la rete di osservatori terrestri, di cui fanno parte più di 20 telescopi in tutto il mondo, comprende anche l’Osservatorio Astronomico dell’Università di Salerno (http://www.fisica.unisa.it/GravitationAstrophysics/Observatory.htm) situato all’interno del nostro campus.
La campagna K2-C9 è partita con 15 giorni di ritardo a causa di un problema che ha richiesto tutta l’esperienza dei tecnici della NASA per essere risolto a 160 milioni di km di distanza. Terminerà il prossimo primo luglio, con la speranza che possa gettare nuova luce su questi mondi lontani e perduti e, chissà, sorprenderci con nuovi affascinanti misteri da risolvere.