Secondo appuntamento giovedì 4 luglio per la seconda serata IV edizione di Note in vacanza. Sul palco sospeso di Capaccio, alle ore 21, si esibiranno il Coro e l’Orchestra di fiati della Diocesi di Vallo della Lucania diretto dal Maestro Maurizio Iacovazzo in alternanza con il Maestro Nicola Pellegrino, una performance voluta fortemente dal nuovo vescovo della diocesi cilentana Don Vincenzo Calvosa, con la partecipazione del soprano Nicoletta D’Agosto.
Il Coro della Diocesi di Vallo della Lucania a Paestum
Intero progetto, ideato dal Maestro Nicola Pellegrino e realizzato dall’Associazione Culturale MusiCilento, presieduta dal M° Angelo Capo, e dal Comune di Paestum, grazie alla “visione” del sindaco Franco Alfieri e dall’ Ufficio Turismo ed Eventi diretto da Piero Cavallo, saluterà stasera l’incontro delle voci con i fiati. La serata principierà con l’esecuzione dell’ouverture dalla Gazza Ladra di Gioachino Rossini, che si apre in modo inusitato: tre rulli di tamburo portano ad un “Maestoso marziale” di dubbia serietà. Che cosa ha voluto esprimere Rossini con questa introduzione che ha un sapore grottesco con quei ritmi “nobili” giocati fra trillo e trillo? Forse un ironico accenno all’atmosfera militaresca che pesa nella vicenda della “Pie voleuse” (il dramma di Théodore Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez, dal quale fu ricavato il soggetto dell’opera), per poi tirar fuori due temi tutt’altro che estrosi, nei quali l’impulso ritmico sembra caricarsi di nuove connotazioni espressive che rivelano un nascente dinamismo drammatico.
Si passerà, quindi all’Intermedio dalla Zarzuela da “La boda de Luis Alonso” di Gerónimo Giménez. Musica caratteristica allegra che porrà in luce i giovani e sicuri percussionisti della formazione. Quindi ci si trasferirà al Quartiere Latino da Momus, Per la prima volta, e forse, al grado più alto, Puccini sperimenta in Bohème la liturgia dell’opera svincolata dai propositi narrativi, per accedere alla poetica dell’impressione e della reminiscenza. I personaggi corrono verso un destino che si precisa al di là dei loro appetiti sentimentali e si stagliano in un universo neutro che è quello della giovinezza, prima felice, quindi sfiorita, vero simbolo dell’opera che trascina in posizione gregaria azione e personaggi stessi. A farsi carico di questo percorso sono la mobilissima scrittura musicale, il suo espandersi per segmentazione dei motivi, e il perfetto congegno della memoria tematica; ma la reminiscenza obbedisce qui a intenzioni drammaturgiche di tipo eccentrico. Al Quartiere Latino incontreremo la Musetta di Nicoletta D’Agosto il valzer alla vita frivola di Musetta, il suo canto sfrontato, in una sequenza dove il trionfo si unisce alla commozione, impagabile saluto alla giovinezza che fugge in Bohéme. Nicoletta darà quindi voce alla Leonora del Trovatore con “Tacea la notte placida”, in cui narra la sua pena d’amore, una pagina di purissima ispirazione con quella incantevole frase alle parole “Dolci s’udiro e flebili gli accordi d’un liuto”.
Si passerà, quindi, al Nabucco di Giuseppe Verdi, con la sua sinfonia. E’ questa una pagina alla tedesca, che enuclea i temi dell’opera che il compositore ha ritenuto più efficaci nel tessuto del racconto: la maledizione a Ismaele, la melodia del “Va’ pensiero”, il finale del primo atto e una citazione scopertamente donizettiana. Quindi entrerà in scena il coro per il celebre “Va’ pensiero” il secondo inno d’Italia “Va’, pensiero, sull’ ali dorate; va’, ti posa sui clivi, sui colli, ove olezzano tepide e molli l’aure dolci del suolo natal!”, il più famoso coro del melodramma italiano, col suo salto musicale di ottava su “ali”, come a spiccare idealmente il volo verso una libertà agognata, un diritto umano (“chi è libero di pensiero è già libero nello spirito” diceva un noto rivoluzionario). Un coro semplice, ad una voce (…né poteva essere altrimenti) che tutti noi potremmo anche cantare insieme ai maestri.
Quindi, il coro d’introduzione della Cavalleria Rusticana “Gli aranci olezzano”, che rappresenta il popolo di questo piccolo paesino e, in quanto tale, partecipa all’azione, un coro d’ambiente con annesso canto di lavoro, che definisce il carattere agreste del luogo, non connotato come siciliano: il verismo di Cavalleria non è dunque fotografia. Le donne cantano dall’interno la melodia “Gli aranci olezzano” contrappuntata nelle dodici battute di ripetizione della prima strofa da una sinistra scala cromatica discendente e gli uomini, sempre dall’interno, proseguono all’unisono (“In mezzo al campo”), e dopo l’entrata in scena del coro tutte le sezioni successive acquistano coesione grazie a connessioni tematico-orchestrali. Il coro passerà quindi ad una composizione originale firmata dallo stesso maestro Maurizio Iacovazzo Maria Madre del cielo, prima di elevare l’ Hallelujah dal Messiah HWV 56 di Georg Friedrich Händel, veloce ed allegro, potente ed agile, gioioso e vivace.
Finale napoletano con “Funiculì Funiculà”di Turco e Denza, che descrive ai napoletani e soprattutto ai turisti i vantaggi offerti dal nuovo mezzo di trasporto, la funicolare, che permette di salire senza fatica, ammirando il panorama, melodia incorporata nel movimento finale del poema sinfonico Dall’Italia di Richard Strauss, ispirato dal viaggio nella nostra nazione, compiuto dal compositore e nella rapsodia Italia di Alfredo Casella e ‘O sole mio, creata dalla penna di Giovanni Capurro, giornalista e redattore delle pagine culturali del quotidiano Roma di Napoli, poi, affidata ad Eduardo Di Capua, che si trovava a Odessa, nell’Impero russo, ispirata da una splendida alba sul mar Nero e, soprattutto, dalla nobildonna oleggese Anna Maria Vignati-Mazza detta “Nina”, sposa del senatore Giorgio Arcoleo e vincitrice a Napoli del primo concorso di bellezza della città partenopea.