Il ponte sul Sammaro, a Sacco, uno dei ponti ad arcata unica più alti d’Europa.
Lo sguardo sullo strapiombo è di quelli che lasciano senza fiato, in un mix di emozioni da brivido e di profondo, affascinante richiamo agli spettacolari scenari di una natura ancora selvaggia e inviolata. Siamo sul Ponte di Sacco, a 130 metri di altezza, sull’orrida del Sammaro, sul cui greto, laggiù, tra i rovi e la vegetazione della macchia mediterranea, scorre spumeggiante e imperioso l’omonimo torrente che, traendo origine dalle sorgenti ipogee e dalle grotte preistoriche di Sacco, va ad ingrossare, con molti altri rivi e ruscelli, le acque del fiume Calore. Tra i ponti a singola arcata più alti d’Europa, quello di Sacco è un’opera di grande arditezza e di alta ingegneria per la cui realizzazione, costata, negli anni ’60 del secolo scorso, ben 400 milioni di lire, occorsero circa 30anni di lavori, tra tempi di progettazione, stasi infrabellica e realizzazione effettiva dell’opera. Il ponte è tutto questo e molto altro ancora: un’impresa titanica dal punto di vista ingegneristico, per la difficoltà dei lavori e per i notevoli imprevisti di natura idrogeologica incontrati in fase di scavo delle fondamenta e del consolidamento delle faglie e delle numerose fratture calcaree dei costoni rocciosi. Inaugurato il 6 luglio 1969, ancor oggi stupisce il visitatore che rimane affascinato e stupefatto alla vista di un’opera maestosa e, sotto molti aspetti, tuttora insuperata. Ripercorriamone brevemente la storia. Prima della sua costruzione il raccordo e l’interscambio tra Roscigno e Sacco avvenivano tramite la cosiddetta “Via della Foresta” (in dialetto locale “Fresta”), antica strada ducale che, seguendo la forra del Sammaro, garantiva il collegamento tra i due borghi. L’antico tratturo, seguendo la sorgente del corso d’acqua, giungeva ad un piccolo ponte di legno, che portava prima a Roscigno vecchia e quindi al nuovo. Intorno al 1700, a causa di un evento franoso che in una sola notte seppellì l’intera area distruggendo gran parte della via ducale, venne momentaneamente abbandonato. Andrea Villani, duca dell’epoca, decise la realizzazione di un tracciato viario ex novo che garantisse il collegamento tra le due località. Nacque così l’asse che dalle località “Saracina” e “acqua fredda” conduceva alla Via della Foresta e quindi a Roscigno. Solo dopo quasi due secoli e mezzo esattamente tra il 1936 e il 1937, venne stilato un megaprogetto che prevedeva un asse viario di nuova generazione e la costruzione di un ponte. Un progetto futuristico per l’epoca che suscitò ammirazione, interesse, ma anche accese polemiche tra gli addetti ai lavori sulla scelta del luogo di realizzazione dell’opera. Lo stesso progetto fu più volte contestato in quanto ultimato solo nel tratto rientrante nel territorio di Roscigno, penalizzava fortemente Sacco. Ma l’attenzione per Roscigno in realtà fu comprensibilmente dovuta all’assetto franoso del territorio che causò, tra il 1907 ed il 1908 l’abbandono del borgo (oggi patrimonio Unesco) e la necessaria realizzazione ex novo in altro loco. Completato il progetto, i lavori, da poco iniziati, furono interrotti a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale, per poi essere ripresi alla fine degli anni ’50. L’assessore ai lavori pubblici pro-tempore del Comune di Sacco, Gaspare Monaco, resosi conto che la realizzazione del ponte sul Sammaro avrebbe comportato un notevole aumento del traffico, propose ed ottenne la realizzazione di una variante che evitasse ai veicoli di attraversare il paese. Diretti dall’Ufficio Tecnico provinciale di Salerno e affidati all’impresa Generale di Costruzioni Ferrobeton Silm di Roma, i lavori di costruzione del ponte iniziarono nella primavera del 1968. Il progetto prevedeva in sintesi un ponte composto da un’unica campata di 111 metri poggiante su tre costole in cemento. L’accesso alla struttura previsto attraverso due viadotti introducenti ad una carreggiata di 6 metri di lunghezza corredata di marciapiedi. Del difficile e complicato inizio dell’opera ci fornisce contezza Giulio Krall, progettista e direttore tecnico del ponte. Per alcuni mesi i lavori vennero sospesi in attesa di studiare la soluzione e il reperimento di circa 215 milioni di lire suppletivi. Poi si realizzarono le fondazioni e, quindi il Ponte.
GIORNATA NAZIONALE DEL DIALETTO – TRADUZIONE IN LINGUA LOCALE
Uardanno ra coppa rimani senza fiato, inda nu nziemi re emuziuni ra brivido e re prufuno, bello richiamo a le belle viste re na natura angora selvateca. Simo ngoppa lu ponte re lu Sacco, a 130 metr re altezza, ngoppa lu Sammaro, ngoppa lu lietto suo, sotta, tra le spine e le chiande re la macchia mediterranea, scorre lu jumo, ca nasce ra le grotte re lu Sacco, ca poi scenne fino agghi inda lu Calore. Tra lu pundi a arcata chiu auti re l’Europa, chiro se Sacco è assai ngegnuso, fatto inda l’anni 60’, cu 400 miliuni re lire, e servero 30 anni re fatia, per lu pruggettà e pe lu finì.
Lu ponde è chesto e ato: nge ne bbuluto pe lu fa. Lu aprero lu 6 luglio e lu 1969, angora mo chi lu vere rimane ngandato. Mu virimo nu po la storia.
Prima re lu fa, pe gghi ra Roscigno a Sacco se ia per la “fresta”, ca ienno pe la via rucale, se putia i ra na aprte a n’ata. Ienno a ca se arrivava a nu ponde re legnamo, c aia prima a Roscigno Vecchia e poi a chiro nuovo. Verso lu 1700, na frana inda na notte ruppette tutto. Andrea Villani, ca era lu duca, recette ca s’avia ra fa na via nova. E accussì se iette nnandi fino al 1936 quanoo ricero ca vuliano fa lu ponde.