Il 25 novembre è il giorno dedicato a Santa Caterina d’Alessandria. Si tratta di una ricorrenza legata non soltanto alla fede ma anche alla cultura e alla tradizione popolare. Lo dimostra un proverbio che tra tante varianti è ancora oggi vivo nella vita quotidiana cilentana: “Come Caterenea accussì Natalea“.
Il culto nel Cilento
Questo modo, collegato alle condizioni climatiche, è collegato ad un altro proverbio che pone al centro, invece, Santa Barbara: “Come Barbarea accussì Natalea”. Quest’ultimo, ben noto nel Cilento, pare trovi però origine nella tradizione napoletane per poi diffondersi anche altrove.
Di fatto non c’è alcuna regola scritta che permetta di collegare le condizioni climatiche di Santa Caterina o Santa Barbara a quelle del Natale, ma la saggezza popolare sembra sapere qualcosa in più dei meteorologi.
C’è comunque un elemento indiscutibile: la forte devozione per Santa Caterina. Sono poche le certezze sulla vita della Santa. Non si conoscono gli anni in cui visse, tant’è che c’è chi ha avuto dubbi che fosse realmente esistita e per lunghi periodi Santa Caterina è stata esclusa dal martirologio senza però interrompere il culto.
La storia
Ciò nonostante diverse fonti collocano la sua vita terrena intorno al 300. Su questo concordano alcuni studi, secondo i quali Santa Caterina nacque nel 287 ad Alessandria d’Egitto. Secondo la leggenda era figlia del ‘re Costa’. In molti chiesero la sua mano ma, la giovane, in seguito ad un sogno in cui le apparve la Madonna, si dedicò a Cristo.
Secondo la leggenda Santa Caterina invitò l’allora Governatore d’Egitto a riconoscere Gesù come redentore dell’umanità, senza riuscire nell’intento; il Governatore, dal canto suo, ordina di convincerla ad onorare gli dei, fallendo miseramente.
Questo rifiuto costa alla bella fanciulla una terribile punizione: il Alessandria d’Egitto. Dapprima fu condannata alla ruota dentata che dovrà fare strazio del suo corpo. Miracolosamente Caterina rimase illesa e a quel punto viene decapitata.
Nell’iconografia appare in abiti regali e cinta da corona, ricordando le sue origini principesche. Tra le mani la palma (simbolo del martirio) e il libro (simbolo della sua sapienza). Inoltre, viene spesso affiancata da una ruota o da una spada o più spesso ancora da una testa decapitata, facendo riferimento al martirio subito. Sotto la usa protezione sono posti studenti e filosofi, ma anche sarte, mugnai e ceramisti. E ancora, vengono affidati alla sua protezione gli operatori dell’industria cartaria e cartotecnica.
Nel Cilento il culto di Santa Caterina era molto diffuso in passato. Oggi ci sono diverse chiese o cappelle che portano il suo nome: a Melito di Prignano Cilento, Lustra, Montecorice, Ostigliano (Perito), San Giovanni di Stella Cilento e Perito.
Qui sono visibili i ruderi dell’antica Chiesa dedicata alla Santa. Ma nel comprensorio cilentano ci sono anche diverse contrate, piazze o strade che portano il suo nome, a conferma della grande devozione.