Cilento

Alla scoperta delle bellezze del Cilento: San Giovanni a Piro

San Giovanni a Piro con le sue frazioni Bosco e Scario è uno dei centri del Cilento meridionale più suggestivi e apprezzati

Antonella Capozzoli

25 Agosto 2021

San Giovanni a Piro sorge su una collina brulla e pietrosa, alle falde del monte Bulgheria, da cui è possibile ammirare lo splendido panorama del golfo di Policastro. online loans.

Il centro antico mostra un impianto architettonico prettamente medievale, con vie concentriche, strette e lastricate, palazzetti gentilizi che conservano  sostanzialmente intatti imponenti portali in pietra e balconi con belle ringhiere in ferro battuto ed eleganti slarghi.

Degno di nota, è il complesso bizantino di San Giovanni Battista. È uno dei pochi complessi – tra i tanti presenti sul territorio del Cilento e Vallo di Diano – a poter vantare una possente solidità architettonica, espressa dalla Chiesa e dalla torre merlata. Quest’ultima, costruita nella parte occidentale dell’Abbazia, a scopo di difesa e di avvistamento sul mare, è alta circa 15 metri.

Si narra che sia la Chiesa sia la Torre fossero collegate, attraverso un camminamento sotterraneo, ad una grotta posta sul fianco orientale del Monte Bulgheria, ove i monaci erano soliti rifugiarsi in caso di incursioni ed attacchi pirateschi. La Grotta è facilmente individuabile sul costone roccioso rossastro e visibile dall’ingresso del Cenobio. Un sentiero (Sentiero del Ceraseto) consente di arrivarvi ai piedi e di ammirarne le fattezze.

La fondazione del Cenobio risale all’anno 990, ad opera di monaci bizantini provenienti dall’Epiro. Durante il periodo di massimo splendore del monachesimo bizantino nel Cilento e nel Vallo di Diano, il Cenobio di San Giovanni Battista fu uno dei più fiorenti, per ricchezza patrimoniale e culturale.

A San Giovanni a Piro hanno resistito agli oltraggi del tempo il santuario di Pietrasanta, poco fuori del centro abitato, e le splendide chiese di San Pietro e San Gaetano.

Del Comune fa parte la frazione di Bosco. 

Nel 1827 fu completamente distrutta dalle truppe di Francesco I di Borbone per aver ospitato uno dei protagonisti di uno dei più sanguinosi moti insurrezionali dell’epoca pre-risorgimentale. Oggi, alle porte del borgo, campeggia un enorme pannello di ceramica, sul quale il pennello del pittore Ortega ha ricostruito le tappe più significative di quella tragica vicenda.

A Bosco, il pittore decise di trascorrere gli ultimi vent’anni della propria vita: allievo di Picasso, esule per scelta, antifascista convinto, combattente in nome della libertà, disegnò e costruì la propria casa studio nel piccolo borgo del Cilento. 

La Casa Museo a lui intitolata non è localizzata all’interno della sua abitazione, ma in un edificio un tempo adibito ad istituto scolastico e poi riconvertito in sala museale.

Essa si sviluppa su tre piani e l’esposizione pittorica custodita ripercorre  il pensiero ed il percorso artistico di Ortega. Il piano terra introduce alla “missione sociale” dell’artista attraverso il “Decalogo della democrazia”: dieci litografie che invitano al perseguimento continuo della propria libertà di pensiero ed azione, all’esaltazione della democrazia ed alla negazione della dittatura. Nei due piani successivi, dieci pannelli in cartapesta raccontano la drammaticità di una guerra civile che, nonostante l’incessante susseguirsi del rosso intenso del sangue e delle smorfie di disperazione, lasciano comunque uno spiraglio di speranza e di fiducia verso un futuro migliore.

La frazione marina di San Giovanni a Piro, Scario, è una piccola perla incastonata in un paesaggio da sogno: può fregiarsi dell’assegnazione della Bandiera Blu FEE e delle 5 vele di Legambiente e Touring Club.

E’ una delle mete preferite dai turisti: acque limpidissime, grotte  carsiche, spiaggette e cale incantevoli che si distendono ai piedi di altissimi speroni rocciosi, e ancora un lungomare ricco di attrattive e un caratteristico porticciolo. 

Scario, che nell’estate del 44 a.C. ospitò le vacanze di Marco Tullio Cicerone, era famosa per la pesca e la preparazione del garum, la prelibata salsa di pesce di cui i romani erano ghiotti. Distrutta due volte, rifiorì intorno alla metà del XVII secolo, grazie alle capacità artigianali dei suoi “calafati”, gli addetti alla costruzione e alla riparazione di navi da pesca. Risalgono a questo periodo le torri costiere visibili ai lati opposti del paese: la Torre Garagliano e la Torre dell’Olivo.

L’abitato del borgo assunse l’aspetto attuale verso la fine del XVIII secolo grazie alle famiglie nobili di San Giovanni a Piro, soprattutto i Conti Carafa, che vi costruirono una dimora estiva, detta la “casa contesca”. Da ammirare la Chiesa di Sant’Anna e la Chiesa dell’Immacolata, che dal 1846 conserva una statuetta della Madonna donata da un capitano di vascello scampato a un naufragio.

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