San Donato nasce a Nicomedia (nell’attuale Turchia, anche se alcune fonti indicano Arezzo come luogo di nascita ed altre ancora Roma) nella seconda metà del III secolo, da genitori cristiani. Questi gli impongono il nome “Donato” per esprimere la loro gratitudine al Signore per averlo ricevuto in dono.
La su formazione viene curata a Roma ed è affidata al sacerdote Epigmenio. Tra i compagni di studio c’è anche Giuliano, il futuro imperatore, che era suddiacono della Chiesa di Roma. Scrive infatti San Pier Damiani nei suoi sermoni: “Ecco che nel campo del Signore crescono assieme due virgulti, Donato e Giuliano, ma uno di essi diverrà cedro del Paradiso, l’altro carbone per le fiamme eterne”.
Quando nel 303 l’imperatore Diocleziano scatena la sua violenta persecuzione contro i cristiani tra le vittime ci sono i genitori di san Donato ed il suo maestro. Egli così lascia Roma e va ad Arezzo. Prosegue gli studi presso un anacoreta di nome Ilariano, per formarsi ma anche per vivere nella solitudine, nella contemplazione, nella penitenza. Ma il vescovo di Arezzo, Satiro, venuto a conoscenza dei prodigi che avvengono per mano del giovane, chiama san Donato accanto a sé e lo ordina diacono. Egli esercita per due anni questo ministero in mezzo ad una popolazione in gran parte ancora pagana; poi viene ordinato sacerdote.
Alla morte del vescovo aretino, San Donato viene nominato, per acclamazione popolare, vescovo della città e riceve l’ordinazione episcopale nel 346 a Roma da papa Giulio I. Prosegue la sua opera evangelizzatrice accompagnata da numerosi prodigi tanto che il papa lo definisce “Apostolo della Toscana”.
La tradizione gli attribuisce numerosi e clamorosi miracoli come quello della guarigione prodigiosa del figlio del prefetto di Arezzo affetto da epilessia; oppure la guarigione di una donna cieca che recupera la vista e perviene alla fede; poi il miracolo della risurrezione di una donna di nome Eufrosina che permette di recuperare un’ingente quantità di denaro che la donna aveva in custodia; infine il miracolo del calice che gli vale però la condanna a morte ed il martirio. Un giorno mentre san Donato distribuisce l’Eucaristia sotto le due specie, aiutato dal diacono Antimo, un gruppo di pagani entra in chiesa e manda in frantumi il calice fatto di vetro. Il Santo dopo un’intensa preghiera raccoglie i frammenti e li unisce e, anche se manca un pezzo dal fondo del calice, egli continua a porgere il vino consacrato senza che questo cada dal pezzo mancante. Per il grande stupore generato dal miracolo settantanove pagani si convertono. Un mese più tardi arriva la rivincita per l’umiliazione subita: san Donato viene arrestato in seguito alla persecuzione messa in atto da Giuliano l’Apostata, suo compagno di studi. Il prefetto di Arezzo, Quadraziano, lo condanna alla decapitazione. La morte di san Donato avviene il 7 agosto del 362.
Il culto
Il successore di San Donato alla guida della Chiesa aretina, il vescovo Gelasio, fa costruire nel luogo del martirio una tomba per ospitare il corpo del martire. Su di essa viene poi edificata una chiesa che sarà poi la cattedrale di Arezzo.
Nel 1384 il capitano di ventura Enguerrand de Coucy espugna e saccheggia Arezzo, poi valica l’Appennino portando con sé la preziosa reliquia. In seguito Sinibaldo Ordelaffi, signore di Forlì, riscatta la reliquia che poi viene restituita agli aretini.
È ritenuto il protettore degli epilettici per la miracolosa guarigione del bambino.
Protettore di Arezzo, San Donato è venerato in tutta Italia. Nel Cilento è solennemente festeggiato a Monteforte, Montecicerale e Buonabitacolo.
Nell’iconografia San Donato è raffigurato con i paramenti e le insegne episcopali, ossia la mitra ed il pastorale. La mano destra è rappresentata nell’atto di benedire, ossia con le tre dita sollevate; mentre la sinistra regge il pastorale oppure il Vangelo. In genere accanto all’immagine trovano spazio altri simboli, ad esempio un calice che ricorda il miracolo del calice infranto oppure una mezza luna che richiama il patrocinio sui malati di epilessia, detta “mal di luna” in analogia alla ciclicità delle fasi lunari.
La festa
Circondata da una natura verdeggiante, tra Monteforte ed il fiume Alento, si trova una graziosa cappella in onore di San Donato. È qui che si recano in pellegrinaggio i fedeli di Monteforte nel giorno della festa: all’alba, intorno alle 6 del mattino la processione con l’immagine del Santo, preceduta da numerose e coloratissime “cente” votive, attraversa le vie del paese, poi si inoltra nella natura portando la benedizione ad i campi ed alle coltivazioni. Alla cappella si celebra la prima messa del giorno in onore del Santo. Tuttavia sono due anni che a causa delle restrizioni anti-covid non è possibile vivere questa bella e suggestiva tradizione.
È una festa molto sentita che vede convergere nel borgo cilentano non solo i tanti abitanti migrati in luoghi disparati della penisola e all’estero ma anche numerosi fedeli dai paesi limitrofi.
Un tempo le campagne montefortesi erano teatro degli spettacolari “focari” realizzati per testimoniare ai paesi vicini lo svolgersi della festa. Quel crepitio di legna che arde e le faville che si elevano al cielo richiamano alla memoria, con volo pindarico, il fuoco della rivolta cilentana che vide coinvolti i fratelli Capozzoli, noti cospiratori carbonari.
A Montecicerale, San Donato è il compatrono della comunità, insieme a San Nicola. Durante la festa del 7 agosto entrambe le immagini dei santi vengono portati in processione per le vie del paese.
Gran sorte avesti
Monteforte beato
allorquando Donato
per suo ti accettò.
È questo il motivo del canto che risuona nella chiesa nel tempo della novena e che nel giorno della festa viene fatto vibrare nell’aria calda del cielo d’agosto.
Di Monteforte tu sei protettore
l’amabil santo che ci sostiene.
Tu sei la luce del nostro cammino
tu ci guidi verso Gesù.