“Ho ancora negli occhi i volti delle tantissime persone che hanno perso la vita. Dietro ad ogni numero di questo drammatico bilancio covid è doveroso ricordare che ci sono vite umane, molte delle quali purtroppo non ce l’hanno fatta”. A stento riesce a trattenere le lacrime il dottore Luigi Conti. Originario di Vallo della Lucania il medico 38enne vive e lavora a Piacenza. È chirurgo presso l’ospedale della città emiliana. Anche lui non è stato risparmiato dal virus. È stato tra i primi medici della struttura ospedaliera a risultare positivo. Insieme a lui sono stati contagiati anche figlio di appena tre anni e la moglie in attesa della seconda figlia. La piccola nascerà ad agosto.
Il medico cilentano ha vissuto giorni di grandi preoccupazioni e di gran dolore. Ad un certo punto è diventato paziente per poi tornare in prima linea per prendersi cura dei suoi assistiti. “Sono ancora traumatizzato – racconta – siamo arrivati a registrare anche sette otto decessi al giorno. Ad un certo punto ho pensato che mia professione fosse ingrata. Mi sentivo impotente davanti a tante morti. Ogni volta alzare il telefono e comunicare ai familiari che il proprio caro non ce l’aveva fatta è stato terribile”.
Il dottore Conti si dice fortunato. Lui e i suoi familiari sono riusciti a superare la malattia ma purtroppo tante, troppe persone non hanno sconfitto il coronavirus. “È stata come un’onda improvvisa che non ti aspetti” racconta il giovane medico. Piacenza è a soli 15 chilometri da Codogno dove è stato isolato per la diagnosi “inaspettata” e fortuita il primo caso italiano accertato di infezione da Covid 19. “Come struttura sanitaria – dice – ci siamo trovati fin dalla fine di febbraio nel cuore della pandemia, in tutta la sua drammaticità, con enorme impatto in termini di vite umane e di sconvolgimento della vita sociale, cancellando un’intera generazione”.
Conti è stato contagiato proprio nei primissimi giorni dell’emergenza quando ancora si era inconsapevoli della malattia. “Forse – dice – per incoscienza personale ancora non adottavamo tutti i dispositivi necessari. Non eravamo cosci come chirurghi di quello che ci stava capitando, e siamo arrivati a sentirci inadeguati e incapaci di dare una risposta”. Il dottore ha passato e superato la sua malattia in quarantena, lontano dalla moglie e dal figlio che comunque erano già risultati positivi.
“Il primo ad ammalarsi dopo di me è stato mio figlio Eduardo di tre anni. Ha avuto una piccola polmonite di cui il pediatra non ne capiva le cause. Oggi la possiamo collegare al virus. Sono stati giorni tremendi. Soprattutto per mia moglie in attesa”. Il giovane medico di Vallo si commuove nel ricordare quei terribili giorni legati alla sua esperienza personale ma soprattutto lavorativa . “È difficile per chi non è stato in prima linea capire quello che realmente è accaduto negli ospedale. Nelle rianimazioni il virus ha ucciso delle vite umane e non dei numeri”. Conti difficilmente sarà la stessa persona e lo stesso medico dopo l’emergenza coronavirus. Nei suoi occhi, nel suoi cuore nella sua mente resteranno indelebili le immagini fotografate in questi giorni.
“Consentitemi di ringraziare – dice – la mia famiglia che nonostante la distanza mi è stata vicina. Mia mamma Maria Antonietta, mio padre Emilio e mia sorella Maria Luisa. I miei suoceri e tutti gli amici”.