È descritto in 70 pagine il delitto di Angelo Vassallo e i tentativi di depistaggio che, se confermati, avrebbero funzionato per ben 14 anni, ovvero fino a quando i Ros di Roma non hanno eseguito le misure cautelari dirette a quattro persone, accusate di essere coinvolte in qualche modo in quell’omicidio. Siamo ancora nel campo delle ipotesi: gli indagati, saranno ora chiamati a difendersi dalle accuse e già oggi sono comparsi davanti ai giudici, ad eccezione del colonnello Fabio Cagnazzo, ricoverato per un malore dopo l’arresto al policlinico militare Celio di Roma.
La figura di Cagnazzo
Proprio Cagnazzo sembra essere – secondo la Procura – una figura chiave nel contesto dell’omicidio, perché anche in considerazione dell’importante ruolo che aveva nell’Arma avrebbe in qualche modo depistato le indagini per orientarle su altre figure, come quella di Bruno Humberto Damiani, poi scagionato.
Attorno a questo personaggio l’opinione pubblica si divide: sui social esiste da tempo un gruppo Facebook di suoi sostenitori; altri, invece, mostrano rabbia e indignazione per il possibile coinvolgimento in un così grave crimine di un esponente dell’Arma dei carabinieri.
I timori di Vassallo
In realtà pare che lo stesso Angelo Vassallo fosse diffidente verso alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Lo aveva rivelato anche l’allora capitano della compagnia carabinieri di Agropoli, Raffaele Annchiarico che il giorno dopo l’omicidio avrebbe dovuto incontrare Vassallo perché «il sindaco non si fidava dei militari competenti per il suo territorio». Anche ad Alfredo Greco, ex procuratore di Vallo della Lucania, confidò i suoi timori: «Vogliono portare la camorra nel Cilento», disse.
Probabilmente, quanto il sindaco pescatore aveva scoperto circa un imponente traffico di droga sul territorio, lo preoccupava. Voleva denunciarlo ma non all’Arma locale. Aveva paura Vassallo e lo aveva confidato anche ad un ex amministratore di Lustra, Domenico Vaccaro: «Angelo Vassallo mi confidò di avere delle grosse preoccupazioni e mi disse testualmente: “ho visto e sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe stato meglio non sapere e non vedere. Vogliono portare la camorra nel Cilento ed io farò di tutto perché ciò non avvenga, ho paura che mi fanno fuori, tengo paura che mi fanno fuori. Torno a casa sempre prima di mezzanotte, non faccio mai le stesse strade e non mi fermo con chiunque incontro per strada, anche se è un amico”. In effetti, conoscendo bene Vassallo, caratterialmente molto forte rimasi molto colpito dall’espressione dei suoi occhi che trasmettevano paura e timore. Era molto scosso e mi sembrava avesse perso tutta la sua sicurezza In definitiva mi parve indifeso e spaventato».
E aveva ragione ad essere spaventato perché quel 5 settembre, di ritorno a casa, qualcuno lo fermò lungo il rettilineo. Angelo fermò l’auto per parlare ma il killer aprì il fuoco. Da lì 14 anni di buio fino a quando, due anni fa, una nuova indagine accese i riflettori su possibili infiltrazioni in zona del clan Loreto – Ridosso e su possibili coinvolgimenti di due militari: Fabio Cagnazzo e il suo fidato attendente, Lazzaro Cioffi, già in carcere per il coinvolgimento in un’altra operazione legata allo spaccio di droga al Parco Verde di Caivano.
La ricostruzione della Procura
A 14 anni da quale delitto, la procura di Salerno, diretta da Giuseppe Borrelli, non ha ancora individuato chi aprì il fuoco ma pare abbia un quadro verosimile dell’accaduto: Vassallo avrebbe scoperto un traffico di droga. La sostanza arrivava anche via mare. Era stato lui stesso ad accertarlo con gli agenti della Polizia Municipale durante dei controlli. Mediante piccole imbarcazioni la sostanza giungeva a Torre Caleo e poi veniva stoccata in un container che sarebbe stato messo a disposizione dallo stesso Cagnazzo e da imprenditori locali che con lui avevano un buon rapporto. Una delle barche che lo stesso sindaco pare abbia individuato, era di proprietà di Giuseppe Cipriano, imprenditore di Scafati e titolare di un cinema ad Acciaroli, anche lui finito agli arresti.
Ma non solo: il timore di Vassallo era anche che, legato allo spaccio di droga, vi fosse la criminalità organizzata che avesse anche altri interessi sul territorio nel campo edile. Insomma una commistione tra droga, costruzioni e attività della movida.
Qualcuno – sostiene l’impianto accusatorio – ha ordinato l’omicidio di Vassallo per avere via libera sul territorio alle proprie attività. Cagnazzo avrebbe avuto il compito di procedere a depistare gli investigatori, Cioffi era forse il punto di congiunzione tra il napoletano e il Cilento. I testimoni raccontano di averlo visto più volte, nei giorni precedenti l’omicidio, nei pressi del luogo del delitto, forse per ispezionarlo. Di lui, dopo l’omicidio, si sono perse le tracce per circa un mese. Gli inquirenti sospettano che sia stato lo stesso Cagnazzo a suggerirglielo. Il colonnello è individuato come figura ambigua, capace di stringere rapporti di amicizia con la famiglia Vassallo dopo l’omicidio, ma anche di manipolare – sempre secondo la Procura – immagini delle telecamere di videosorveglianza e di inquinare la scena del delitto raccogliendo mozziconi di sigaretta e spostando bossoli di proiettile. Quanto ai rapporti con Cioffi, c’è chi testimonia fossero stretti, che vi fossero questioni economiche o affari in comune tra ufficiale e appuntato. Il GIP Ferraiolo nell’ordinanza riporta alcune testimonianze in tal senso.
Ricostruzioni, queste, che dovranno trovare conferma. Per ora ci sono le intercettazioni ambientali e le testimonianze. Le prime in carcere fatte ad uno degli arrestati, Romolo Ridosso, che nei colloqui con altri compagni avrebbe raccontato del traffico di droga e del coinvolgimento di Cioffi e di altre persone legate ad Acciaroli. Ridosso forse voleva entrare nel giro dello spaccio ad Acciaroli e i due carabinieri potrebbero aver avuto in questo contesto un ruolo ben definito.
In tal senso c’è anche la testimonianza di un agente immobiliare di Acciaroli, amico di Vassallo, che dopo alcuni anni avrebbe raccontato ai magistrati le confidenze che il sindaco pescatore gli aveva fatto. Verità scottanti, tanto che Cagnazzo lo avrebbe pestato sul porto di Acciaroli per quanto raccontava.
Sull’omicidio di Angelo Vassallo restano tanti rebus. La Procura proverà a scioglierli. Intanto, dopo i timori legati alla possibile archiviazione del caso, c’è finalmente una possibile svolta.