È stata aggiornata al 2 luglio l’udienza preliminare per l’operazione Urus che due anni fa portò al sequestro del ristorante Umami ad Agropoli, di proprietà di Concordio Malandrino, e beni di lusso per una serie di reati tributari.
Lo scontro in aula
Proprio da questa inchiesta e dagli esami sui dati prelevati sui cellulari sequestrati sono poi partite altre attività poste in essere dalla Guardia di Finanza. Ma ora proprio l’estrazione dei dati dai cellulari sequestrati agli imputati è stata contestata dagli avvocati delle società facenti capo a Malandrino, Saccone, Bonora e Porciello.
I legali contestavano di non aver potuto consultare le memorie dei dispositivi. Il Gup presso il Tribunale di Vallo della Lucania ha quindi accolto l’eccezione e disposto l’audizione dei consulenti del pm che hanno esaminato le memorie di computer e telefonini.
Le accuse
Agli imputati vengono contestati diversi reati finanziari. Attraverso le loro società avrebbero evaso l’Iva emettendo fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare che oscilla dai 30 milioni di euro ai 400mila euro. La maxi frode fiscale contestata dalle fiamme gialle partiva dal Cilento e si estendeva fino in Bulgaria.
Sequestri e capi di imputazione
Nella lista dei beni sequestrati figurano barche, ristoranti e auto di lusso. I capi di imputazione contestati vanno dalla frode fiscale all’evasione fiscale, per finire all’autoriciclaggio di carattere internazionale.
Le indagini
L’operazione è stata coordinata dal capitano Ciro Sannino della guardia di finanza di Agropoli. Le indagini hanno fatto luce su un complesso sistema di frode che coinvolgeva società italo-bulgare e prestanome.