Il Tribunale civile di Roma ha così deciso: “sulla carta di identità della bambina dovrà comparire la dicitura neutra genitore”.
Un’ordinanza che approva il ricorso di due mamme, quella legale e quella adottiva di una bambina, contro il decreto del 31 gennaio 2019 dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che impone sul documento la dicitura padre e madre anziché genitore.
Genitori: la decisione dei giudici
Per il giudice il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere.
Il 65% dei nostri lettori è in accordo con quanto stabilito e trova questa la soluzione migliore.
Da Palazzo Chigi però, fanno sapere che questa decisione non è piaciuta molto tanto da dover essere ulteriormente esaminata dal Governo poiché presenta evidenti problemi di esecuzione oltre che a mettere a rischio il sistema di identificazione personale.
Il dibattito
E mentre il giudice sostiene che con quel provvedimento “il ministro va oltre le sue competenze in quanto la carta di identità è un documento certificativo di una realtà già preesistente nell’atto di nascita, che stabilisce una madre partoriente e una adottiva e che quindi può esserci discrasia tra documento di identità e l’atto di nascita”, Salvini si espone tramite twitter: “Usare sulla carta d’identità le parole ‘padre’ e ‘madre’ (le parole più belle del mondo) secondo il Tribunale civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali, da qui la decisione di sostituirle con la più neutra parola ‘genitore’. Illegali o discriminanti le parole ‘mamma’ e ‘papà’? Non ho parole, ma davvero”.