La congiunzione tra la crisi energetica e la crescita del tasso di inflazione sta creando grandi difficoltà ad imprese e consumatori, che non riescono a gestire con serenità tutti quei costi che dovrebbero essere di routine. Dalle bollette all’acquisto dei beni essenziali per lo svolgimento delle attività professionali: far quadrare i conti diventa sempre più difficile. Lo sanno bene gli appartenenti all’ Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, che il 19 ottobre hanno manifestato la propria volontà di sostenere famiglie, consumatori e imprese.
A fare da portavoce è stato Eraldo Turi, presidente dell’ Ordine, spiegando che i professionisti si impegnano fin da subito per l’attivazione di tutte le misure di sostegno create da Governo e Parlamento. E chiarendo che il rischio di una decelerazione dell’economia mondiale è più concreto che mai, con implicazioni che vanno dall’erosione della capacità di spesa degli italiani all’inevitabile aumento del costo di beni e servizi prodotti dalle nostre aziende.
Del resto, sono già molte le attività che si trovano in difficoltà e non tutte si sono organizzate per arginare le perdite con la finanza agevolata o altri nuovi strumenti a supporto dell’imprenditoria. Quella di alzare il prezzo finale sembra a molti la scelta più semplice, ed è quindi applicata da una larga fetta delle imprese italiane, con una distribuzione omogenea nei vari settori. Oltre un’azienda su 3 si dice costretta ad alzare i prezzi, soprattutto le PMI.
Peggiora la situazione l’aumento dei tassi di interesse applicati a prestiti e mutui, che per effetto delle politiche adottate dalla BCE diventano nettamente più costosi di quanto non fossero fino a pochi mesi fa. Ma anche in questo caso ad incidere sono diverse variabili, tra cui la necessità degli enti di credito di tutelarsi dal rischio di insolvenza (maggiore in tempi di forte incertezza economica).
L’accesso al credito tradizionale potrebbe quindi diventare impossibile per le realtà più piccole per via dei costi proibitivi applicati dagli enti bancari. Senza contare che con l’aumento dei tassi si creano effetti sistemici di indebitamento diffuso e che molte imprese rischiano di andare in default con le nuove regole EBA.
A togliere ogni dubbio sul rischio di un rallentamento dell’economia sono le analisi pubblicate da enti internazionali come il Fondo Monetario Internazionale. Si prevede infatti che nel 2023 l’aumento dei prezzi e l’inflazione, a livelli ormai pericolosi, porteranno ad una marcata riduzione della spesa delle famiglie. Ma anche ad uno stop degli investimenti, già percepibile se si guarda al mondo dell’edilizia, dove le costruzioni sono sempre più sporadiche.
E con le finanze pubbliche che ancora risentono delle spese fatte nel periodo pandemico, i mercati potrebbero vivere un trend di forte ribasso. Causato anche dai costi eccessivi per l’energia e dal pericolo di veder interrotte, almeno temporaneamente, le produzioni ad alta intensità energetica.