Angelo Landolfi nacque ad Agropoli nel 1878, da Luigi e da Mariantonia Gaeta. Il padre Luigi è stato l’ultimo eremita della Chiesa “Madonna delle Grazie”, con mansioni di custode e di sacrestano.
Angelo Landolfi, il 2 gennaio 1901, si sposò con Teresa Di Grado ed ebbero un figlio che chiamarono Luigi, come il nonno, la famosa “puntella”.
Angelo era un brav’uomo, apprezzato dagli agropolesi per la sua predilezione affettiva verso il prossimo. Per questa ragione era soprannominato “Panciovillo”, come il rivoluzionario messicano Francisco “Pancho” Villa, che lottava per migliorare il bene del popolo. Vestiva modestamente e, nei periodo più caldi, calzava degli zoccoli in legno da lui creati, ai quali applicava una tomaia ricavata da vecchi copertoni di automobili, quindi chiodi, “cendrelle” e il suo camminare era inconfondibili, reboante direi. Angelo era un imbianchino tuttofare, bravo, stimato e di poche pretese. Infatti, veniva chiamato soprattutto dai contadini, che non avendo, quasi sempre, soldi in contanti, lo pagavano con i prodotti della campagna.
Siamo nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale e Guglielmo Marino, autore del libro “Morte di Panciovillo”, allora quattordicenne, che abitava con la famiglia nel rione Fuonti, racconta: “Spesso sentivo parlare, tra mio padre e mio madre, di un imbianchino detto “Panciovillo”, ma non ne conoscevo le generalità, che nei mesi di marzo – aprile era disposto a fare i lavori nelle case di campagna. Quando arrivava a casa, tirava fuori tutti gli attrezzi dal suo zaino, si creava il suo angolo di lavoro ed iniziava ad imbiancare con la calce tutte la stanze e con la vernice, porte e finestre”.
Molti giorni della sua vita, Angelo li ha dedicati alla chiesa della “Madonna delle Grazie” di Agropoli, in virtù della devozione ereditata da suo padre Luigi. Nei periodi della raccolta del grano e delle olive, si recava, con un sacco e un otre sulle spalle, nelle contrade di Agropoli per la questua della Madonna. Accolto con benevolenza dai contadini, a volte si fermava per il pranzo, prima di iniziare si faceva il segno della croce e benediceva le pietanze. A tavola era molto cordiale e raccontava degli ultimi accadimenti di Agropoli, evitando argomenti politici. A fine pranzo, Angelo dispensava ai suoi ospiti santini da mettere a protezione delle riserve alimentari.
La sua passione era scolpire il legno. Con il passare degli anni, diventò uno scultore molto apprezzato nell’ambito religioso, grazie alla realizzazione di statue in legno di ottima fattura, che gli venivano commissionate da numerosi parroci del Cilento. Creava le statuette del Presepe, alle quali applicava gli occhi di vetro che aveva asportato dalle bamboline inutilizzate, recuperate presso le famiglie contadine. Il suo personaggio preferito era Gesù Bambino. La nipote Teresa mi ha raccontato che il nonno custodiva in casa, dopo averle scolpite, le statue dei Santi e delle Madonne da vendere e che una volta al mese, le portava in processione per le stradine del Borgo Antico. La sua innata tecnica di scultura veniva supportata da una puntigliosità esagerata, che a volte lo rendeva eccessivamente nervoso.
Racconta Raffaele Rizzo: “Quando gli agropolesi si accanivano nello svolgere un lavoro, che per vari motivi non riusciva bene, per non innervosirsi recitavano: < Mo fazz cum ricia Panciuillo, si nu’ lass sti sant, vavo rannat >. (Adesso faccio come diceva Panciovillo, se non lascio questo lavoro, vado all’inferno per le imprecazioni)”. Dei suoi innumerevoli lavori, ad Agropoli è rimasta la statua in legno di Sant’Antonio Abate, presente in una nicchia della Chiesa della Madonna delle Grazie.
Veniamo alla tragica vicenda che portò all’uccisione di Angelo Landolfi.
Nei primi mesi del 1942, con l’intensificarsi dei bombardamenti anglo-americani su Napoli e Salerno, fu imposto il coprifuoco dalle 18.30 alle 6.30 del giorno successivo. Contemporaneamente, le strade che conducevano ad Agropoli furono presidiate dal regio esercito italiano e dall’esercito tedesco. Tra rione Madonna del Carmine e rione Frascinelle, sulla nevralgica strada d’accesso al Cilento collinare, sotto il ponte ferroviario fu posizionata una garitta militare con un posto di blocco. Angelo Landolfi, dopo aver terminato i lavori in casa Marino, si era impegnato nella tinteggiatura di una casa di campagna nel rione Frascinelle. Il figlio del contadino si doveva sposare a breve, per cui Angelo, a volte, era costretto a far tardi e a circolare anche dopo il coprifuoco.
Racconta Guglielmo Marino: “La mattina del 14 marzo 1942, stavamo andando con mio padre a Rutino, per vendere al mercato domenicale i nostri ortaggi. Ma giunti all’altezza della ferrovia, fummo fermati da una pattuglia di militari, che ci invitò a ritornare indietro, giacché la sera precedente era stato ucciso un civile a Frascinelle e la strada era bloccata”. Poche ore dopo, un operaio di nome Sabato raccontò l’accaduto ad alcuni contadini del posto: “Abbiamo perso Panciovillo, ieri sera non ha sentito l’alt della sentinella, ha continuato a camminare e il militare con un colpo di fucile al petto, lo ha ucciso”. Il corpo di Panciovillo rimase a terra per molte ore, in attesa dell’arrivo dei Carabinieri. “Vidi Panciovillo steso a terra” – racconta Guglielmo Marino – “Al centro del petto un rivolo di sangue coagulato. Gli occhi aperti, come se avesse voluto parlare. Provai una grande pietà per quel buon uomo, ucciso così ingiustamente”. Un militare italiano di nome Renzo, toscano, distaccato in zona, non presente all’uccisione, raccontò l’accaduto senza indicare chi fosse l’esecutore materiale, se un militare italiano o tedesco: “Erano circa le 21,00 di quel sabato 14 marzo, Panciovillo, uomo conosciuto perché passava spesso dal posto di blocco, rientrava dal lavoro in quella zona. Camminava in direzione di Agropoli. La strada era brecciata e il Landolfi con le sue scarpe di legno e il bastone che portava per aiutarsi, faceva un fracasso invernale. Arrivato sotto il ponte della ferrovia, il soldato di guardia gli intimò l’altolà. Ritenendosi conosciuto oppure per non aver sentito (n.d.a. Angelo Landolfi soffriva di una grave sordità), continuò a camminare. La sentinella fece fuoco e il proiettile del fucile colpì mortalmente al petto quel povero uomo, che cadde sul ciglio della strada”. A questo punto, in base alla testimonianza del soldato Renzo potremmo supporre che Angelo Landolfi sia stato ucciso da un militare italiano.
Altre testimonianze di indicano una realtà diversa. La signora Teresa, nipote di “Panciovillo”, ricorda che il padre Luigi gli raccontava, con le lacrime agli occhi, di quella funesta mattinata quando in famiglia ricevettero dal Podestà di Agropoli, la triste notizia che Angelo era stato ucciso da un militare tedesco. Un’altra testimonianza c’è la fornisce lo storico Antonio Infante nel suo libro “La Madonna delle Grazie di Agropoli”, dove fa cenno all’uccisione di Angelo Landolfi da parte di un militare tedesco. Domenico Chieffallo, storico meridionalista, ci documenta una notizia molto interessante, che avvalora l’uccisione di Angelo Landolfi per mano dei Tedeschi. Chieffallo, nel libro “Agropoli”, scrive che in previsione di un’invasione in Italia, l’Office of Strategic Service americano creò una rete di spionaggio composta da italo-americani presenti nell’Italia Meridionale, tra cui alcuni di Agropoli. Le spie agropolesi comunicarono, tra l’altro, che c’era una consistente presenza di forze militari tedesche nel Rione Madonna del Carmine e sulle colline di Ogliastro Cilento. Infatti, ad Agropoli era presente una compagnia tedesca del 79° Reggimento Granatieri Panzer, comandata dal Colonnello Von Doering. Sappiamo che la strada che attraversa Frascinelle, partendo dal Rione Madonna del Carmine porta ad Ogliastro Cilento, quindi quella tragica sera, è probabile, con una buona dose di certezza, che l’altolà ad Angelo Landolfi sia stato intimato da un soldato tedesco, che non riconoscendolo, lo uccise.
Angelo Landolfi fu trucidato sabato 14 marzo 1942, alle ore 21.00. Aveva 64 anni. Nei giorni successivi, il corpo di Angelo venne consegnato alla famiglia che celebrò il funerale, al quale partecipò l’intera cittadinanza agropolese. Una presenza sentita e numerosa, suffragata dalle tantissime corone di fiori presenti.
Questa è la triste storia di Angelo Landolfi “Panciovillo”, un nostro concittadino assassinato da un ignoto militare tedesco a Frascinelle, in una fredda serata di marzo del 1942, mentre ritornava a casa, dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro. Un eroe dimenticato, un nostro martire civile della Seconda Guerra Mondiale, al quale ho voluto rendere omaggio con la speranza che il suo nome sia scolpito, a futura memoria, sul Monumento ai Caduti in Guerra di Agropoli.