Nel corso del 1923 fu pubblicato, in Buenos Aires, il libro dal titolo “Gli italiani nel Sud America ed il loro contributo alla guerra 1915 – 1918” (Edizione Arrigoni e Barbieri), alla cui pag. 266, nell’illustrare l’opera di un benemerito Sodalizio fondato da italiani emigrati in Argentina, veniva citata la figura del Prof. Gennaro Tata, senza specificarne l’origine.
La vita di Gennaro Tata, dalla Costiera Amalfitana in Argentina
Il cognome, che purtroppo, nonostante i grandi meriti la lui acquisiti, non compariva tra le biografie raccolte da Dionisio Petriella e Sara Sosa Miatello nel loro celebre libro dal titolo “Diccionario Biografico Italo-Argentino” (Buenos Aires, Asociación Dante Alighieri, 1976), ci ha incuriosito non poco, nella convinzione che si trattasse di un cognome tipico della nostra estesa Provincia di Salerno.
Avviate, quindi, le opportune ricerche presso l’Archivio di Stato di Salerno abbiano avuto finalmente la possibilità di raccontare la sua affascinante storia, che solo apparentemente può sembrare identica a quella di altre migliaia di emigrati italiani trapiantati nell’ospitalissima Terra Argentina. Ebbene, Gennaro Tata nacque a Cetara, una delle perle della Costiera Amalfitana, il 20 giugno del 1862, a poco più di un anno dalla proclamazione del Regno d’Italia1.
I genitori
Suo padre si chiamava Onofrio, aveva 43 anni e di mestiere faceva l’agricoltore, mentre la madre, Fulvia Lione, casalinga, di anni ne aveva 40. Non possediamo, purtroppo, altre informazioni riguardo alla gioventù vissuta a Cetara prima dell’emigrazione in Argentina. Possiamo solo aggiungere che Gennaro Tata aveva studiato anche la musica, una materia che, come vedremo a breve, avrebbe anche insegnato in quel di Buenos Aires, ma soprattutto si era diplomato Maestro Elementare, molto probabilmente a Salerno.
È difficile ipotizzare il periodo storico nel quale il giovane meridionale lasciò l’Italia alla volta del Rio de La Plata. Ciò avvenne quasi certamente nei primi anni ’80, se è vero come è vero che il 12 ottobre del 1885 ebbe già la possibilità di contrarre matrimonio, nella stessa Capitale porteña, con la signorina Leonor Coquet Hidalgo, ovviamente di nazionalità argentina, dalla quale è probabile che non abbia avuto figli.
È verosimile ritenere che l’uomo fosse già allora molto attivo, sia nell’ambito della cultura locale che della stessa numerosa Colonia italiana trapiantata in città. Nello stesso 1885, tanto per citare un esempio tangibile, lo troviamo insegnante elementare presso il “Colegio Negrotto”2, facente parte del 5° Distretto di Buenos Aires, ubicato in Calle Esmeralda, n. 473.
La carriera di Tata come segretario della società circulo sanitas
L’anno seguente è, invece, Segretario della “Società Circulo Sanitas”, con sede in Calle Cordoba, n. 6244. Il suo nome, in verità, compare anche in un celebre testo dedicato alla storia della musica in Argentina, laddove troviamo citato anche l’indirizzo di casa del Professore di pianoforte originario di Cetara, vale a dire Buenos Aires, Avenida Montevideo, n. 413. Qui, molto probabilmente, egli dava lezioni private5.
Nel 1895, anno nel quale in Argentina si diede luogo al primo censimento nazionale, troviamo la famiglia Tata, composta ancora dal Professore e da sua moglie Leonor, residente nel Cuartel 01, Seccion 02, San Martin, ovviamente nella stessa Capital Federal. Il nome del Prof. Gennaro Tata è legato principalmente alla sua ultratrentennale attività di Insegnante, prima, e di Direttore Didattico, dopo, che egli svolse, a partire dal 1884, nell’ambito di una delle più rinomate Scuole Elementari di Buenos Aires6.
Questa era una delle nobili istituzioni che la Colonia italiana di Buenos Aires aveva concepito nell’ambito della gloriosa “Società Nazionale Italiana”, la cui sede storica si trovava in Avenida Alsina 1465. Si trattava, come è facile intuire, di uno fra i sodalizi più antichi ed importanti sorti nella Repubblica Argentina, riportando la data del 2 marzo 1861.
Sorta per fini mutualistici e patriottici, la “Società Nazionale Italiana” si rese particolarmente benemerita nei riguardi delle due Nazioni amiche per aver fondato, il 26 dicembre del 1866, quella che doveva essere la prima Scuola Elementare destinata all’istruzione dei bambini di ambo i sessi appartenenti alla considerevole Colonia italiana di Buenos Aires.
La Scuola fu talmente attiva, e propositiva al tempo stesso, tanto da meritare, già nel 1868, esattamente il 14 di settembre, il conferimento di una Medaglia di bronzo di Benemerenza da parte del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II. Il Professore Tata, entrato in servizio come si diceva nel 1884, svolse per anni la professione di Insegnante Elementare anche presso tale Scuola, per poi assumerne la Direzione Didattica.
Attorno al 1922, tornando a parlare della pubblicazione con la quale abbiamo aperto questo contributo storico, è, invece, Gerente della stessa “Società Nazionale Italiana”, per conto della quale, allo scoppio della “Grande Guerra”, aveva gestito il fondo ove erano confluite le sottoscrizioni da elargire al “Comitato di Guerra”, sorto fra la Comunità italiana di Buenos Aires al fine si soccorrere le famiglie dei soldati richiamati in Patria per combattere.
Il Professore Gennaro Tata fu, dunque, un educatore a tutto tondo, ma anche uno straordinario paladino dell’italianità in Argentina. Per il grande contributo offerto alla cultura, ma soprattutto all’educazione delle giovani generazioni di italiani, per quanto a migliaia di chilometri dalla madrepatria, nel 1926, a qualche anno dal suo pensionamento, Gennaro Tata fu insignito, da parte di Re Vittorio Emanuele III, della Medaglia di bronzo di Benemerenza Scolastica, con la seguente motivazione:
<<Per le benemerenze da lui acquisite in molti anni d’insegnamento nella Scuola della Società Nazionale Italiana di Buenos Aires>>7. Da questa data in poi, purtroppo, se ne perdono le tracce, come purtroppo è accaduto spesso a tanti nostri connazionali emigrati dall’Italia.
Al di là di questa amara considerazione rimane il fatto che Gennaro Tata fu, senza ombra di dubbio, un emigrante che ha reso onore al Paese d’origine, l’amata Italia, che continuò ad amare e a servire, come abbiamo visto, nonostante fosse stato costretto a lasciarla per ovvi motivi economici.
Il suo, per finire, è quindi uno dei tanti esempi della c.d. “fuga dei cervelli”, della quale abbiamo più volte trattato su questo giornale, ma soprattutto di quella genialità e voglia di fare che da sempre ha contraddistinto il nostro Popolo.