Il Filosofo Benedetto Croce più volte, direttamente o indirettamente, s’incrocia con la storia di Agropoli. Emerge da una serie d’interessanti notizie che sto raccogliendo e catalogando, che quanto prima pubblicherò. Oggi vi racconterò di quando Franco Antonicelli leggeva a Benedetto Croce, nel corso dei loro studi, i numerosi appunti annotati ad Agropoli.
L’ammirazione di Franco Antonicelli per Benedetto Croce si manifestò la prima volta, quando pubblicò una lettera di solidarietà al filosofo, sottoscritta insieme con Mila, Geymonat, Cosmo ed altri. Benedetto Croce, che nel maggio 1929 era intervenuto in Senato contro la ratifica del concordato, era stato per questo tacciato da Mussolini di essere un “imboscato della storia”. L’omaggio di Antonicelli reso a Croce, era un atto di ostilità nei confronti del regime ed infatti, dopo il sequestro delle copie della lettera diffuse tra gli studenti, i firmatari furono rinchiusi per un mese in carcere.
Antonicelli fu arrestato di nuovo nella primavera del 1935 e condannato a tre anni di confino. Ne scontò meno di uno, ad Agropoli. Fecero epoca le sue nozze con la bellissima Renata Germano, avvenute nel Santuario della Madonna del Granato, il 26 Dicembre 1935. La sposa in bianco e strascico, gli invitati in tight e cilindro. Sfilarono ad Agropoli, tra una folla festante.
Antonicelli, graziato da Mussolini, andò a vivere con la moglie a Sordevolo, nella villa di campagna della famiglia Germano. Dalla seconda metà degli anni trenta, Benedetto Croce iniziò a trascorrere le vacanze a Pollone, un paesino a pochi chilometri da Sordevolo, nel Biellese. La famiglia Croce arrivava da Napoli all’inizio dell’Estate e ripartiva a metà Settembre. Al mattino, verso le dieci, giungeva a casa Croce, Antonicelli in bicicletta. Lavoravano insieme, ognuno sui propri libri, rompendo raramente il silenzio.
Un giorno il filosofo era nervoso; girava e rigirava tra le mani un foglietto. Lo riponeva, lo spostava, lo controllava. Infine:
-Sentite Antonicelli, devo chiedervi una cosa.
-Mi dica Senatore.
– Voi sapete compilare un vaglia. Io no.
-Senatore, non ho mai fatto un vaglia in vita mia.
In quel periodo, Antonicelli stava scrivendo un romanzo, mai pubblicato, sui giorni del confino: “Autunno ad Agropoli”. Quando Croce era stanco e voleva distrarsi, gliene leggeva qualche pagina.
“Troppo denso – fu il giudizio del filosofo – Con questo materiale potete scrivere non uno, ma quattro romanzi”.
Ecco alcuni momenti poetici tratti dal racconto “Autunno in Agropoli”, in parte pubblicato da Franco Antonicelli sul libro “Il soldato di Lambessa”:
«Molti anni fa, prima della seconda guerra mondiale, un’occasione mi portò nell’Italia del Sud, giù dopo Salerno e dopo la bellissima Paestum, e dove comincia il Cilento. L’occasione fu la stessa che in quei giorni condusse i miei amici Carlo Levi e Cesare Pavese, press’a poco nei medesimi luoghi, al di là della famosa terra invalicata da Cristo. In quel lontano paese, mai sentito nominare prima, ci andai dunque per obbligo; ci fui mandato quasi come in una prigione, e vi godetti invece, lo dico con gratitudine, tutta la libertà che si può godere al mondo.
(…) C’è dunque un nome nella mia vita, una memoria breve o lunga secondo la nostalgia del momento, un nome e una stagione che vorrei portarmi dietro fino all’ultimo giorno (…). Questo nome è Agropoli, quel tempo è l’autunno. Eppure passa il tempo, molto tempo, e nella mia vita avverto quel riferimento, quel punto fermo: io mi muovo e quel punto è là. È tutto quello che mi resta di allora. Penso soltanto con un rammarico che mi brucia, mi umilia ancora, di non aver ricavato nulla da quella mia esperienza, nulla, dico di scritto».