Dobbiamo cambiare un sistema di potere che ha consentito che Salerno diventasse fra i luoghi d’Italia a più alto rischio idrogeologico

Di Redazione Infocilento

All’indomani di ogni tragedia causata dai cambiamenti climatici, ci si domanda cosa si poteva fare di più. Si poteva prevedere? Perché non è stato dato l’allarme adeguato? Quali opere pubbliche avrebbero potuto evitare il disastro? Quali interventi di manutenzione potevano prevenire un evento di tale portata? Mentre nelle Marche ancora si stanno cercando gli ultimi dispersi, un bambino e una madre, i familiari piangono le vittime e tanti cittadini hanno perso la casa e tutti i propri averi, è impossibile, per chi è di Salerno come me, non pensare al proprio territorio, più volte ferito, e non avere legittime preoccupazioni.

Perché dal dolore deve necessariamente derivare il rispetto e l’impegno a prevenire. Il contrasto al dissesto idrogeologico deve essere una priorità. Partiamo da alcuni dati: l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, definisce Salerno fra le provincie con i valori più elevati di superficie, edifici, imprese e, ovviamente, popolazione a forte rischio di eventi franosi e con il maggior numero di chilometri di costa in erosione. Non a caso fra il 2010 e il 2020 è stato fra i territori più colpiti d’Italia. Sono oltre 30.000 le famiglie a rischio frane nella provincia di Salerno. Perché? Non bastano le caratteristiche orografiche e idrogeologiche a giustificare questi nefasti primati del nostro territorio.

È il frutto di incuria, mancata prevenzione, opere pubbliche sbagliate, risorse sperperate. La politica ambientale non è un capriccio o un freno allo sviluppo economico, tutt’altro: è garantire sicurezza, benessere, vivibilità a tutti i cittadini e operatività alle imprese. È dare certezze. Pensiamo al caso delle Fonderie Pisano: non si possono lasciare cittadini nell’incertezza di essere sottoposti a un rischio o meno, e così per i lavoratori. Serve chiarezza e decisione negli interventi su ogni aspetto del trattamento dei rifiuti e dell’inquinamento a cui possono essere sottoposti i cittadini. Sulla delocalizzazione delle Fonderie Pisano occorrono fare chiarezza. Non possiamo più aggrapparci all’incertezza di dati che, puntualmente, vengono smentiti o divulgati solo parzialmente.

Lo SPES, Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile, ha evidenziato le contraddizioni di uno studio, commissionato dalla Regione Campania, che dice tutto e il contrario di tutto. È stato messo in piedi un tavolo tecnico al Comune di Salerno che continua a non dare alcuna certezza, a partire dai dati relativi al registro tumori. C’è un dato di fatto: l’area sulla quale oggi sorgono le Pisano è incompatibile con l’ex opificio, dalla proprietà abbiamo bisogno di risposte per la delocalizzazione. Ultime notizie certe parlano di autorizzazione concesse dalla Regione Campania che non sono state richieste e, dunque, il dubbio è lecito. Il trasferimento a Buccino deve necessariamente passare per la realizzazione di un nuovo impianto 2.0 per preservare l’area.

Aspetto fondamentale è la tutela dei lavoratori: dobbiamo salvaguardare i livelli occupazionali, i dipendenti hanno bisogno di garanzie. Se anche si dovessero attivare misure in via precauzionale, in attesa di risposte certe, bisognerà poter accedere a tutti gli ammortizzatori sociali concessi dalla legge. Curare l’ambiente vuol dire porre attenzione ai luoghi in cui viviamo, all’aria che respiriamo, all terra su cui abbiamo costruito la nostra casa, la nostra attività, il nostro presente e il nostro futuro. Salerno ha tante eccellenze e primati, quello sulla pericolosità del proprio territorio non è più accettabile. È necessario dare una svolta alle politiche per l’ambiente, è essenziale cambiare un sistema di potere che ha consentito che Salerno diventasse fra i luoghi a più alto rischio ambientale e idrogeologico d’Italia.

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