19 settembre: San Gennaro, vescovo e martire. Gorga in festa per il Santo Patrono

La storia, il culto e la fede. Oggi anche a Gorga di Stio si festeggia San Gennaro, patrono della comunità

Di Concepita Sica

Patrono principale della città di Napoli e di numerose comunità campane, San Gennaro è venerato nella Chiesa cattolica e nella Chiesa ortodossa. Il singolare legame del popolo partenopeo al santo martire è dovuto alla protezione ottenuta in diverse occasioni per la sua intercessione con l’arresto dell’eruzione del Vesuvio e dell’avanzare delle pestilenze.

San Gennaro: la storia

San Gennaro nasce a Benevento il 21 aprile 272 (alcune fonti riportano Napoli come città natale). Il suo nome (oggi particolarmente diffuso in Campania) deriva dal latino “Ianuarius” che significa “consacrato al dio Giano” (dio bifronte delle chiavi del cielo, dell’inizio dell’anno e del passaggio delle porte), attribuito solitamente ai bambini nati a gennaio, mese appunto consacrato alla divinità.

Le esigue notizie biografiche non consentono una ricostruzione dettagliata della sua vita, eccezion fatta per il resoconto del suo martirio che è stato trasmesso da ben cinque fonti documentarie.

Il martirio di San Gennaro avviene durante la più grave e cruenta persecuzione posta in essere nei confronti dei cristiani, ovvero la persecuzione di Diocleziano (303-311/313), all’inizio del IV secolo.

Il giovane vescovo di Benevento, San Gennaro, insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo, si reca in visita ai fedeli di Pozzuoli. Occasione della visita è l’arresto, ordinato dal governatore della Campania, Dragonio, del diacono di Miseno, Sossio, amico di San Gennaro, al quale il santo aveva fatto spesso visita per discutere con lui di fede e di leggi divine.

San Gennaro visita il prigioniero e si adopera per intercedere presso le autorità a favore della liberazione del suo amico. La professione di fede ad opera del vescovo di Benevento suscita l’ira di Dragonio che ordina l’arresto dei tre beneventani e condanna tutti alla “damnatio ad feras” (ovvero la condanna ad essere sbranati dalle belve, in questo caso dagli orsi). Vengono arrestati anche Procolo, diacono di Pozzuoli ed i laici Eutiche ed Acuzio, per le proteste mosse contro la sentenza di morte emessa nei confronti del vescovo di Benevento e dei suoi amici.

Altre fonti riferiscono che l’arresto di San Gennaro nella città partenopea è dovuto all’opera di persuasione condotta dal Santo nei confronti di quanti si recano dalla sibilla per ricevere vaticini, e che avrebbe suscitato l’ira delle autorità romane al punto da procedere all’arresto e alla condanna a morte del vescovo.

Tuttavia il supplizio viene sospeso per ordine del governatore per timore di eventuali disordini che poteva suscitare il malcontento popolare sollevatosi in seguito all’arresto di San Gennaro.

Altre fonti riferiscono che la sospensione della condanna sia avvenuta in seguito ad un evento miracoloso: le belve si sarebbero inginocchiate di fronte ai condannati dopo la benedizione fatta dal Santo.

Il governatore Dragonio, all’apice dell’ira, ordina allora la decapitazione di San Gennaro e dei suoi compagni.

Il 19 settembre 305 (sul giorno e sull’anno concordano tutte le fonti), i prigionieri vengono condotti nei pressi del “Forum Vulcani” (l’attuale solfatara di Pozzuoli) e qui vengono decapitati.

Nella fonte degli “Atti Vaticani” il racconto del martirio è leggermente diverso. Qui si riferisce che San Gennaro si sarebbe recato a Nola insieme ai suoi compagni e qui sarebbe stato imprigionato dal perfido giudice Timoteo a motivo della sua opera di proselitismo. Sottoposto a tremende torture, che non sortiscono alcun effetto su di lui, San Gennaro viene gettato in una fornace ardente, ma alla sua riapertura si trova che il vescovo è illeso e le sue vesti sono intatte (secondo la tradizione la fornace sarebbe oggi presente nel complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile). Il governatore lo avrebbe fatto condurre poi presso la solfatara di Pozzuoli per essere decapitato.

Mentre viene condotto al luogo dell’esecuzione un mendicante chiede al Santo di dargli un lembo della sua veste da poter conservare come oggetto sacro, ed il vescovo gli promette il fazzoletto col quale sarebbe stato bendato. La tradizione racconta che mentre sta per essere sferrato il colpo mortale san Gennaro allunga un dito per togliere il fazzoletto e così il dito viene mozzato insieme al capo. Apparso in sogno ad un uomo lo incarica di recuperare oltre alla testa anche il dito.

Sempre secondo la tradizione una pia donna di nome Eusebia raccoglie il sangue di San Gennaro e lo custodisce in due ampolle.

Il culto

Il culto di San Gennaro è molto antico; prende origine già a partire dal suo martirio ed è storicamente accertato a partire dalla prima traslazione delle sue reliquie avvenuta nel V secolo.

Il vescovo di Napoli, Giovanni I, trasporta fra il 413 ed il 431 le reliquie del Santo dall’Agro Marciano, nei pressi di Agnano, dove era stato sepolto il corpo, nella parte inferiore delle catacombe napoletane di Capodimonte che in seguito verranno denominate “Catacombe di San Gennaro”.

Nell’831 il principe di Benevento, il longobardo Sicone I, in occasione dell’assedio di Napoli, dispone il trasferimento delle reliquie del Santo nella sua città natale. Le reliquie di San Gennaro rimangono nella cattedrale beneventana fino al 1154, ovvero fino a quando il normanno Guglielmo I il Malo, ritenendo la città non più sicura, dispone il trasferimento delle reliquie del martire nell’Abbazia di Montevergine. Tuttavia nel cenobio il culto del santo si perde a motivo della più forte devozione verso san Guglielmo e verso la Madonna. A Napoli, invece, il culto di san Gennaro rimane molto vivo per la presenza di due importanti reliquie: il suo sangue custodito nelle ampolle e il suo capo.

Nel 1305 Carlo II d’Angiò in occasione del millenario del martirio del santo fa realizzare un preziosissimo busto reliquiario in argento dorato in cui vengono posti il sui capo e le ampolle con il sangue.

Nel 1497 le reliquie del corpo di san Gennaro vengono ritrovate per merito del cardinale Giovanni d’Aragona, sotto l’altare maggiore del santuario di Montevergine e lo stesso anno, per l’interessamento della potente famiglia Carafa, le reliquie tornano a Napoli.

Inizialmente vengono collocate in una cripta costruita per l’occasione sotto l’altare maggiore del Duomo di Napoli. In seguito viene realizzata una cappella, la sfolgorante e ricca Cappella del Tesoro di San Gennaro, consacrata nel 1646.

La liquefazione del sangue

La tradizione riferisce una prima liquefazione avvenuta al tempo di Costantino I, quando il vescovo Severo (secondo altre fonti il vescovo Cosimo), durante il trasferimento delle reliquie dall’Agro Marciano, incontra la pia Eusebia che gli consegna le ampolle col sangue e che all’improvviso si scioglie.

La prima testimonianza documentale della liquefazione risale al 17 agosto 1389 ed è contenuta nel “Chronicon Siculum”: il miracolo si compie durante una solenne processione in cui era stato portato il sangue del Santo per chiedere la liberazione da una grave carestia; si riferisce che il sangue sembra sgorgato il giorno stesso dal corpo del Santo.

Il sangue di San Gennaro è contenuto in due ampolle: una riempita per tre quarti ed un’altra con una piccola quantità in quanto il re Carlo di Borbone la portò con sé in Spagna.

La liquefazione avviene tre volte durante l’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre, memoria liturgica di San Gennaro e negli otto giorni successivi; il 16 dicembre festa del patrocinio di San Gennaro.

La liquefazione del sangue di San Gennaro è considerata di buon augurio; al contrario la mancata liquefazione è sempre accompagnata da grande preoccupazione perché interpretata come un presagio di eventi non belli.

Nell’iconografia San Gennaro viene raffigurato in abiti episcopali, con la Mitra sul capo, nella mano sinistra il pastorale e con la mano destra nell’atto di benedire. All’immagine spesso si accompagnano il libro delle Sacre Scritture e le ampolle che richiamano il sangue del suo martirio.

La festa di Gorga

San Gennaro mio potente, prega Iddio per tanta gente, San Gennaro mio protettore prega Iddio nostro Signore”.

Questa preghiera litanica si eleva tra i fedeli che affollano la chiesa di San Gennaro a Gorga Cilento durante la celebrazione della tanto attesa festa patronale.

Il culto del Santo partenopeo nella comunità cilentana vanta origini millenarie; si attesta infatti la presenza del culto di San Gennaro a partire dal 1008 e anche di un monastero a lui intitolato e di cui nel tempo si sono perse le tracce.

È una festa molto sentita ed anche se cade alla fine dell’estate vede sempre una massiccia presenza di fedeli.

Così mentre la tanto attesa processione si snoda per le vie del caratteristico paese, devoti cori intonano inni di ringraziamento e di lode in onore dell’amato protettore:

San Gennaro protettore

Io ti dono questo cuore

Ed accettalo con amore

Per il tuo e mio Gesù.

Viva San Gennaro evviva

Viva San Gennaro evviva

E prega per noi Gesù.

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