Era il 7 settembre del 1943, il Sommergibile Velella, affondava causando la morte di 52 giovani vite. Come ogni anno, anche in occasione del 79esimo anniversario dell’affondamento, l’associazione Nazionale Marinai d’Italia di Castellabate organizza, per domenica 11 settembre, una solenne manifestazione per commemorare i marinai. Parteciperanno autorità civili e militari, nonchè associazioni di tutte le Armi, provenienti da vari parti d’Italia.
Gli italiani, in festa per la caduta del regime fascista. Si illudevano di salutare la fine della seconda guerra mondiale grazie alla proclamazione dell’armistizio stipulato con le Forze Alleate, proclamando solennemente dal Generale Badoglio.
Nonostante ciò, però, l’immenso entusiasmo si mescolava ad un clima di incertezza e di atroci dubbi. Le massime cariche dello Stato avrebbero dovuto gestire la crisi, fu questa situazione confusa a causare la tragedia del Sommergibile Velella.
La storia dell’affondamento del Sommergibile Velella
Il sottomarino era partito nel primo pomeriggio dal porto di Napoli il 7 settembre 1943, per contrastare le operazioni di sbarco delle Forze Alleate nel Golfo a Sud di Salerno.
Navigando nei pressi dell’Isola di Licosa in territorio di Castellabate, fu intercettato da un’unità britannica, lo Shakespeare, che stazionava in quel tratto di mare e da questo drammaticamente silurato.
Colpito a morte, il sottomarino si inabissò diventando la tomba dell’eroico equipaggio. Fermi ai loro posti di combattimento, i marinai del Velella si inabissarono attendendo la morte, coscienti e rassegnati che mai niente e nessuno li avrebbe salvati riportandoli in superficie.
Le tragiche testimonianze di madri, mogli e figli che aspettavano il ritorno dei marinai, mai più rientrati dal mare
Quante lacrime versate, quanto dolore provato, con il rimorso che quanto accaduto forse si sarebbe potuto evitare; l’armistizio era stato siglato soltanto poche ora prima ed era stato mantenuto segreto dai vertici militari per vitali motivi strategici e politici!
Quante madri e quante spose attesero invano nella speranza di un ritorno che mai più si sarebbe verificato! La nera signora della guerra, arbitro impietoso e crudele delle contese umane, volle aggiungere l’ennesimo e quanto mai inutile capitolo di sangue nel drammatico diario delle operazioni belliche compiute sul suolo italiano nell’ultimo confitto.
In quello specchio di mare dove si concretizzarono le fasi decisive circa le sorti della guerra ora è il silenzio degli abissi a regnare, muto testimone delle intrepide gesta dei 52 valorosi marinai reduci da tante missioni vittoriose nel Mediterraneo e nell’ Oceano Atlantico.
Con onore e alto senso del dovere, i ragazzi del Velella seppero vincere la paura e l’indecisione, sfolgorando esempio di veri combattenti, arrivando fino all’estremo sacrificio.
Ancora oggi il relitto del sommergibile giace sui fondali delle acque del tragico combattimento, custodendo con molta probabilità alcune delle salme dell’equipaggio. In merito a questo particolare, sono in molti a ipotizzare un eventuale recupero di quanto rimane del sommergibile, dando magari anche giusta e doverosa sepoltura ai caduti.
Quest’ipotesi, contrasta però con i codici militari delle marine di tutte le nazioni e di tutte le epoche, che indicano il mare quale ultima dimora terrena per quanti, hanno consacrato ad esso la vita e abbiano trovato la morte tra i flutti e considerando che il Velella non è certamente l’unico relitto che giace nei nostri fondali marini.